venerdì 28 dicembre 2007

CHI E' L'AUTORE? - 1

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BRANO N. 3


“….Non mi avevano mai detto che cos’era successo a Connie. Non facevo più domande, ero riuscita a dimenticare la sua esistenza. Mia madre viveva nella stessa mia città ed io lo ignoravo. Adesso so che c’erano almeno due persone a Montreal, Sylvain Hamel ed io, che pensavano di aver perduto la madre, malgrado vivessero vicino a lei. Le lettere che Connie mandava ad Angelina l’hanno finalmente tradita. Un giorno che rientrai più presto a casa da scuola ne trovai una dimenticata sul tavolo della cucina.


   «Angelina avrò presto diritto alla libertà condizionata. Potrebbe essere necessario dire a mia figlia dove mi trovo. Posso farlo io, se credi che per te sia troppo difficile».


   La lettera era di molte pagine, ma non avevo tempo di leggerla tutta. Avevo paura che la zia tornasse e mi sorprendesse. Avrei scoperto delle altre verità su mia madre? Angelina non avrebbe mai avuto il coraggio di svelarmi la verità. Mi aveva presa ed ero ormai diventata una cosa sua, il suo gioiello, la sua vita, il suo ostaggio. Per parecchi giorni attesi la sua reazione. Niente sembrava turbarla. Ogni sera rientrava, lasciava la borsetta nel vestibolo e preparava la cena. Poi mi faceva una domanda che non era più una domanda perché il tempo l’aveva svuotata completamente di significato: «Tutto bene a scuola?»………”

CHI E' L'AUTORE?

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BRANO N. 2         


  “….. I primi ricordi della vita dell’Amicarelli hanno una certa aria di leggenda: leggenda assai diffusa cinquanta anni fa, ma ora saputa dai pochi che gli sono sopravvissuti e dai pochissimi che l’hanno udita narrare dai pochi.


   All’estremità di Agnone, da est ad ovest e guardando il mezzogiorno, si stendono due fila parallele di enormi blocchi tufacei: sono degli enormi massi ovali, non saldati tra loro in modo da farli parere un unico masso: posano invece l’uno a fianco all’altro con in mezzo degli interstizi, più o meno larghi; a chi però li osserva da lontano, rendono l’immagine di un muro superciclopico. E’ su questa formazione geologica, non mai studiata scientificamente da nessuno, che ha le sue fondamenta una lunga distesa dei fabbricati del paese. Tra le fila superiore di questi massi e l’inferiore corre un viottolo assai stretto e assai pericoloso anche, chi non abbia pratica molta delle nostre vie di montagna.


   Or, dice la leggenda, che l’Amicarelli, fino all’età di venti anni, fosse poco men che cretino, e che, precipitato da quel viottolo e rottasigli la base del cranio, non solo guarisse, ma tornasse al mondo con quell’ingegno che tutti sanno…….”

mercoledì 26 dicembre 2007

CHI E' L'AUTORE DEL LIBRO?

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BRANO N. 1


 


   “……..Erano le prime giornate di luglio, e Morutri appariva come disabitata. Sul sonno di Luca passavano, di primo mattino, come un concerto familiare, le voci dei contadini, il tramestio, il belato delle pecore, l’abbaiare dei cani, senza scuoterlo dal suo torpore.


   I parenti, meno la sorella Beata, che qualche volta rimaneva in casa, andavano tutti in campagna. Il giovane si alzava, andava alla madia, prendeva un pezzo di pane, del formaggio e faceva colazione. Pane e formaggio o pane e frutta costituivano anche la sua seconda colazione.


   Luca era da qualche giorno a Morutri completamente inoperoso. Non era riuscito a mettere insieme i danari occorrenti per andare a sostenere l’esame che aveva preparato durante l’inverno. Sperava di partire in ottobre. Intanto, attendeva che Gesualdo e Ferdinando tornassero e gli prestassero i libri, perché potesse studiare durante l’estate. S’era portati, da Calena, alcuni romanzi che lo zio aveva ritagliati da diversi giornali, e li leggeva durante la notte. Abitava una stanzetta che era in cima alla casa, e dormiva tra sacchi di legumi e spighe da semina. Sul capo, durante la stagione inoltrata, aveva grappoli di peperoni rossi messi a seccare, che al tramonto fiammeggiavano investiti dai raggi del sole, e di notte empivano di un aspro odore vegetale la sua aria……….”.

lunedì 17 dicembre 2007

poesia di Natale


 



C’E’ UNA STELLA



di  Emilio Spensieri



 



 



  Torna: torna per coloro che l’aspettano ed anche per quelli che non l’attendono.



   Sull’orizzonte del mucchio dei secoli nel buio la stella indica il cammino giusto; e i pastori inconsapevolmente vanno, allontanandosi dal respiro del gregge assopito; anche i cani, senza mugolare, restano fermi e attoniti.



   Nel profondo silenzio della notte, defluite dal pentagramma delle armonie ondeggiano le note delle zampogne e l’erba, imperlata di rugiada, soggiace alla carezza dell’onda di suono.



   Dalla grotta un respiro nuovo àlita verso il mondo e preme nei cuori; gli occhi di Maria riflettono amorosamente sul figlio la trèmula fiammella dei pochi sterpi; Giuseppe ferma i pensieri sul volto del Bambino; il bue e l’asinello, protagonisti anche loro, irrorano respiri di calore.



   Allora e oggi: duemila anni. L’arco del tempo sembra infinito e, tuttavia, è breve ed attuale, senza scadenze.



   Tutte le nascite hanno un principio ed una fine: c’è un giorno o una notte, ma una soltanto è la Notte Santa.



   Natale: si può nascere dovunque, nel solco o sotto l’albero, in una stalla o nel palazzo del Re, ma quella grotta fredda e spoglia resta per sempre la Reggia dell’umanità.



   Duemila anni ed ore infinite si aggrumano in una giumella di tempo e c’è una stella che racconta e narrerà in eterno.”



 



(Sottovoce, 1988)



 



 

sabato 20 ottobre 2007

Presentato all'Università del Molise


I relatori



 PRESENTATO A CAMPOBASSO IL LIBRO DI RITA FRATTOLILLO E BARBARA BERTOLINI 



 


 


Venerdì 26 ottobre 2007, presso l’Università del Molise di Campobasso,  è stato presentato il libro Il Tempo sospeso delle socie Rita Frattolillo e Barbara Bertolini.


 


I relatori sono stati:


SIMONETTA TASSINARI e FRANCESCO D’EPISCOPO


E' intervenuto: GIOVANNI CANNATA Rettore dell’Università degli Studi del Molise


VIRGINIA LANZOTTI Presidente C.P.O. dell’Università degli Studi del Molise


GIUDITTA LEMBO Consigliera di Parità della Regione Molise


Ha coordinato i lavori: ANTONIO LUPO Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Molise


 


 


 


 


Il tempo sospeso


Donne nella Storia del Molise


Libreria editrice Filopoli,  2007


 


Otto secoli di Storia del Molise, dall’antico Contado fino alla XX regione, sono stati passati al vaglio da Barbara Bertolini e Rita Frattolillo, che, attraverso la consultazione e poi l’approfondimento di libri, documenti, stipule, brochure e “carte” di ogni genere, hanno ricostruito e fatto emergere dalla coltre del tempo il contributo  - importante - dato dalle donne alla crescita culturale, sociale e politica di questa Terra.


Da Giuditta di Molise, consorte temperamentosa di Tommaso di Celano, coinvolta nella lotta contro Federico II, fino alla pittrice e scenografa di fama internazionale Titina Maselli (scomparsa nel 2005), passando per una ricca e preziosa galleria di figure femminili, le cui vicende rispecchiano i periodi e gli avvenimenti più significativi della grande Storia - anzitutto il lungo periodo feudale, e poi i fervori della rivoluzione partenopea, l’ardore risorgimentale, il fenomeno del brigantaggio, i due conflitti mondiali, le conquiste democratiche -  le due Autrici hanno ricomposto un quadro articolato in cui  si intrecciano le voci di donne che sono state protagoniste della loro vita e del loro tempo.


Alcune, guidate dalla loro indole e dai loro obbiettivi, spesso hanno sfidato le convenzioni e i pregiudizi, cercando di non tradire se stesse, ed hanno rifiutato di essere spettatrici passive della loro epoca (Ippolita d’Aragona, Olimpia Frangipani, Rosa Fazio, Elena Ciamarra).


Coloro che hanno seguito la propria tendenza artistica o letteraria, hanno contribuito, grazie alla propria produzione, ad affinare la sensibilità dei loro conterranei (Nina Guerrizio, Titina Maselli, Gilda Pansiotti, Lina Pietravalle, Liliana Pistilli).


Quelle che hanno fiutato le esigenze dei tempi nuovi, hanno saltato l’ostacolo promuovendo, a costo di sacrifici, attività e iniziative tese a migliorare le complessive condizioni di vita  della collettività (Aline Aubin, Maria Amorosa, Madre Ninetta Ionata, Dora Melogli, Custode Carlomagno, Angela Freda), oppure si sono messe in gioco per dare vita a mestieri del tutto nuovi, per il genere femminile, come quello di dirigere un giornale (Maria d’Aragona e Maria Matticoli).


 


Altre, in nome della libertà e spinte dall’amor patrio, hanno acceso gli animi dei loro figli, gettandoli nella mischia, e piangendo, in qualche caso sventurato, la loro tragica fine (Maria Concetta Quici, madre dei fratelli Brigida, Olimpia Jadopi, Teresa Lembo ed Enrichetta Formichelli).


 


L’ardimento di Medora Marracino, originaria di Vastogirardi, simboleggia quello delle tante donne che, durante le guerre, mettendo a repentaglio la propria incolumità, si sono prodigate per salvare vite umane e che resteranno tuttavia per sempre nell’anonimato.


 


Ci sono poi personalità che escono fuori dai soliti cliché, come le brigantesse Marta Cecchino e Maria Luisa Ruscitti, Maria Giantommaso e Filomena Ciccaglione; o come la “badessa” di una seguita congrega sessuale nella Napoli viceregnale del 1600, la sepinese Giulia De Marco; o come la direttrice del campo di internamento di Vinchiaturo, Caterina Martino.


 


A fare da contraltare a queste outsider non mancano le benefattrici, come la gentildonna Donatina Caradonio o  la contessa Marianna de Capoa, o come le due veggenti di Castelpetroso.


 


In  altri capitoli sono delineate le storie di alcune donne perseguitate dalla malasorte e colpite nei  loro sentimenti più profondi, come la regina Costanza di  Chiaromonte, o come la sfortunata consorte di Cola Monforte, Altabella di Sangro, oppure  Delicata Civerra, o, infine la figura letteraria di  Fata.


 


Tutte esistenze vissute con passione e ardore, con  intelligenza e creatività, oppure schiacciate dal destino, che  purtroppo solo raramente hanno trovato lo spazio che avrebbero meritato.


Donne per lo più misconosciute o completamente ignorate, malgrado la loro operatività o il significato che avevano assunto.


Le ragioni di questa “invisibilità” sono ben note a tutti e pertanto non hanno bisogno di essere qui ripetute.


Ma allora, perché non riportare a galla tante oscure portatrici d’acqua che hanno fatto la loro parte, in un modo o nell’altro, nella configurazione della società molisana che oggi viviamo?


 


Il tempo sospeso Donne nella Storia del Molise è quindi il frutto della ricerca lunga e impegnativa (rispecchiata nelle numerose note) che ha condotto Rita Frattolillo e Barbara Bertolini sulle tracce di aristocratiche e popolane, donne colte e analfabete, che, superando in qualche modo il silenzio dei secoli, hanno lasciato una pur debole impronta. 


 


Il tempo sospeso Donne nella Storia del Molise, che è corredato con una ricca bibliografia e l’indice delle persone, raccoglie le storie di queste eroine, spaccati di esistenze richiamate in vita dalle Autrici con una scrittura di taglio ora giornalistico, ora narrativo e descrittivo, ma sempre scorrevole e accattivante.


Frutto della consonanza creatasi tra le Autrici e dei giri di vite così diverse, che esse offrono all’attenzione dei molisani per una migliore conoscenza della propria Terra.


 


 


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lunedì 20 agosto 2007

IIa edizione Festival letterario

Nella zona del Sangro, in provincia di Chieti, il Festival letterario "Il Dio mio Padre" dedicato allo scrittore John FANTE




Molise d’Autore sarà presente alla IIa edizione del Festival letterario “Il Dio di mio Padre” dedicato allo scrittore  John Fante e che si svolgerà dal 23 al 26 agosto in vari paesi della zona Sangro-Aventino in provincia di Chieti.



Ricco di manifestazioni che spaziano dai worshop di scrittura a proiezioni video, incontri con gli autori, presentazione di libri, cantanti e canzoni, documentari, film, che hanno sempre come punto di riferimento il grande scrittore americano di origine abruzzese. A Gabriella Iacobucci è stato chiesto di presentare gli scrittori italocanadesi anglofoni, invitati quest’anno a Casoli e Palena.


 


Nel pomeriggio del 23 agosto, infatti, la Iacobucci, traduttrice delle opere di Nino Ricci, dovrà presentare lo scrittore e i suoi libri, insieme allo studioso Martino Marazzi. Questa manifestazione si svolgerà nella Villa Comunale di Casoli alle ore 17.45. Seguiranno letture de “La terra del ritorno” a cura di Icks Borea.


 


L’altro appuntamento con la traduttrice molisana è a Palena il 24 agosto quando presenterà, sempre insieme a Marazzi, la scrittrice italocanadese Mary di Michele, la cui ultima opera “Canto d’amore” sulla vita del tenore Caruso  ha appena finito di tradurre e che è stato pubblicato da Marlin editore. Saranno presenti anche gli editori Tommaso e Sante Avagliano di Napoli. Chiuderà la serata reading del romanzoCanto d’amore” di Mary di Michele,  con concerto dedicato a Enrico Caruso del maestro Nicola Russo e del tenore Christian La Torre, e letture di Enza Paterra.


 


Il 26 agosto, invece, un altro socio di Molise d’Autore, Luigi Monteferrante si esibirà in chiusura di serata in un reading musicale dal titolo “Un canadese in Italia”, Ath the hearth of devil’s lair, al Centro visite Località Brecciaio di S. Eusanio del Sangro. Questo show seguirà, sempre nella stessa località (ore 21.30), una conferenza-spettacolo son et lumière di Luca Scarlini su Gabriele D’Annunzio nelle Americhe. 


 


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chi era John Fante?


Considerato oggi uno degli scrittori americani più importanti della sua generazione, alla stregua di Hemingway, Faulkner e Steinbeck, John Fante è secondo Bukowsky il narratore più maledetto d’America.
La scrittura scarna e lineare, l’ironia tragicomica, l’uso dello slang urbano, l’autobiografismo esasperato, la reinterpretazione del disagio etnico e sociale delle classi subalterne, l’introspezione dei suoi personaggi simultaneamente eroi e antieroi ne fanno un autore inclassificabile.
Spesso visto come capostipite degli scrittori italoamericani, padre del romanzo losangelino, John Fante è un indiscusso maestro per molti scrittori e artisti contemporanei.


Per la sua biografia e la sua attività letteraria, consultare il sito:


www.johnfante.org



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Barbara Bertolini

mercoledì 1 agosto 2007

Seconda edizione di "Un racconto per l'estate"

Molise d’Autore



                   Scrittori molisani nel mondo   -    Associazione culturale


 


 LA SECONDA EDIZIONE DI "UN RACCONTO PER L'ESTATE" E' DEDICATA ALL'OPERA DI PIETRO CORSI:  "LA GIOBBA"


 


 


 


Siete calorosamente invitati alla seconda edizione di “Un racconto per l’estate  che si svolgerà a Casacalenda il 3 agosto 2007, in corso Vittorio Emanuele, alle ore 20, e che quest’anno è dedicata a Pietro Corsi, con il racconto, La Giobba. Ideata e adattata da Gabriella Iacobucci, l’opera dello scrittore italo-americano verrà letta da Aldo Gioia ed è inserita nel programma di “Molise Cinema”.


 


Pietro Corsi è uno dei pochi scrittori italo-americani a scrivere in italiano. La Giobba,  così come i molisani chiamavano il lavoro in America, storpiando il nome,  “the job”, è uno dei primi racconti che Corsi ha pubblicato, a puntate, con successo, sulle pagine del giornale in lingua italiana “Il Cittadino Canadese”, poco dopo il suo arrivo a Montreal. E’, infatti, in quella redazione che viene a conoscenza delle vicende vissute dai numerosi emigrati arrivati nelle Americhe alla ricerca di una vita migliore. In seguito questa storia è pubblicata anche in Italia dall’editore Nocera, e in Canada,  recentemente,  da Guernica col titolo “Winter in Montreal”.  Essa narra le disavventure di Onofrio Annibalini, un contadino molisano emigrato a Montreal ed è una testimonianza toccante e amara dell’emigrazione molisana in Nord America.


 


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Biografia


PIETRO CORSI nasce a Casacalenda nel 1937. Lì comincia a lavorare in un ufficio notarile come segretario, sempre coltivando però la sua passione segreta, la scrittura. Collabora, infatti, in Italia, a riviste letterarie e a emissioni radiofoniche prima di raggiungere, sul finire degli anni Cinquanta, suo fratello in Canada.  Vi rimarrà lavorando come collaboratore nella redazione del giornale “Il Cittadino Canadese” di Montreal  prima di accettare un lavoro che lo porterà poi in giro per il mondo.


 


Dopo “La Giobba”, Corsi ha scritto tanti altri romanzi, dove ha descritto la sua vita movimentata tra l’America Latina, la California e il Molise. Tra i più recenti, in “Omicidio in un paese di Cacciatori” narra la cronaca di un “giallo” avvenuto a Casacalenda negli anni Cinquanta;  “Halifax, l’altra porta dell’America” (2001) è, invece, una delle poche opere a raccogliere e raccontare le vicende legate all’arrivo degli emigrati in Canada; “L’Ambasciatore di don Bosco” (2004) racconta l’avvincente storia del molisano Raffaele Piperni, uno dei primi missionari giunti a San Francisco alla fine  dell’Ottocento; e, nell’ultimo libro (2006),  L’Odore del Mare”,  vi descrive la sua straordinaria esperienza, durata 27 anni, sulle navi da crociera di una delle più prestigiose compagnie, la Princess Cruises di Los Angeles, dove iniziò come ispettore di bordo nel 1965 diventando infine Vice Presidente Esecutivo per una flotta di dieci navi.


Per la sua attività letteraria, Piretro Corsi ha ricevuto numerosi premi nazionali e internazionali.


 


 Barbara Bertolini


 

domenica 24 giugno 2007

paese del MoliseLISTA AUTORI  MOLISANI o di ORIGINE MOLISANA



 





ANGELONE Antonio, commedie dialettali


BONAFFINI Luigi, poeta, saggista italo-americano


BENNI Stefano, romanziere con humour La compagnia dei Celestini.


BERNARDO Aldo, studioso del Petrarca, Stati Uniti


BULDRINI Michele, scrittore


CAMPOLIETI Giuseppe, biografie storiche romanzate Marin Faliero: il doge decapitato.


CAPALOZZA Teodosio, libri per bambini, inizio Novecento


CARDUCCI Lisa, poetessa canadese


CIAMPITTI Franco, scrittore isernino, epoca fascista (romanzi di successo sullo sport)


CIARLANTI Giovanni Vincenzo, Memorie historiche del Sannio


CORSI Pietro, romanziere italo-americano


D’ACUNTO Sabino, poeta, saggista


D’ALFONSO Antonio, scrittore e editore  canadese (francese e inglese)


DAVID FIORAMORE Carole, scrittrice canadese


DeLILLO Don, romanziere  Rumore Bianco americano (inglese)


DEL VECCHIO Felice, romanziere


DE MARTINO Renata, scrittrice “noir” napoletani originaria di S. Pietro Avellana La bambola cinese.


DI TELLLA Torquato, romanzo sul padre, riscritto e tradotto da Michele CASTELLI (argentino il primo  e venezuelano il secondo)


D’OVIDIO Francesco, filologia, glottologia


FIORITO Joe, romanziere canadese


GALASSI Johnatan,  scrittore, traduttore, casa editrice New York


GAMBERALE Luigi, Il mio libro paesano


GIOVANNITTI Arturo, poeta, sindacalista, The Walker


INCORONATO Luigi, scrittore, Scala a san Potito


JOVINE Francesco, romanziere


JOVINE Giuseppe, scrittore, saggista


LALLI Renato, saggista


LONGANO Francesco, Viaggio per il contado di Molise


MAIORINO Tarquinio, giornalista e scrittore


MANUPPELLA Giacinto, lusofono


MARRACINO Mario, scrittore isernino dalla vena umoristica


MARTELLI Sebastiano, saggista


MELFI Mary, scrittrice canadese (francese)


MICONE Marco, commediografo e scrittore canadese


MOLINO Giuseppe, scritti emigrazione originario di Casacalenda


PALMIERI Marco 


PIETRAVALLE Lina, romanziera molisana, nata per caso a Fasano in Puglia


RANALLO Joseph, di Vinchiaturo, docente universitario, scrittore e poeta anglofono in Canada


RICCI Nino, scrittore canadese (inglese)


RIMANELLI Giose, scrittore italo-americano


ROSSI Vincenzo, scrittore


RUSSO Carla Maria, romanziera, La sposa normanna, Il cavaliere del giglio


SALVATORE Filippo, scrittore italo-canadese


SANTILLI Elvira, scrittrice, poetessa


TABASSO Giuseppe, giornalista, saggi sul Molise


TASSINARI Simonetta, scrittrice, saggista


TULLIO Raffaele, saggi di storia su Roma antica


VITALE Carlos, scrittore argentino (spagnolo)

venerdì 22 giugno 2007

Articolo di Barbara Bertolini su

Le vicende sentimentali del tenore Enrico Caurso : Canto d'Amore di Mary di Michele tradotto da Gabriella Iacobucci



Canto d’amore, la storia  romanzata della vita sentimentale del tenore Enrico Caruso, è l’ultima opera tradotta da Gabriella Iacobucci del libro della canadese  Mary di Michele,   dal titolo originale Tenor of Love.

Dopo  Il fratello italiano, La terra del ritorno di Nino Ricci e Sui cantieri di Toronto di Frank Colantonio,  la Iacobucci  porta in Italia l’opera di un’altra autrice italo-canadese.

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La nuova generazione di autori canadesi è ricca di talenti letterari, che provengono spesso dall’emigrazione. E quella italiana, in particolare, è davvero numerosa. A parte Ricci e Colantonio, vi sono Marco Micone, Carole David Fioramore, Antonio D’Alfonso, Joe Fiorito, Pietro Corsi, Filippo Salvatore, Ermanno La Riccia, per dirne qualcuno, che fanno capire come l’integrazione degli emigrati italiani in Canada abbia funzionato.



Il merito della Iacobucci non è, infatti, solo quello di aver tradotto, in modo sensibile ed accurato, le opere di questi scrittori ma di averli scoperti, promuovendoli presso le case editrici italiane.

Una “Fernanda Pivano” molisana che riesce a far conoscere e valorizzare una parte importante della letteratura d’oltreoceano prodotta da autori di prima e seconda generazioni di emigrati provenienti per lo più dal Sud Italia. 

Una ricchezza che la Iacobucci ha scoperto durante i suoi viaggi in terra d’America. Tornata a casa ha poi voluto valorizzare questi scrittori realizzando nel Molise un’associazione culturale, “Molise d’autore”, con  lo scopo di diffondere le opere poco conosciute degli autori di origine molisana che si sono affermati nel mondo.



Ma per ritornare alla traduzione, senza la quale un libro non potrebbe circolare nei paesi esteri se non tra un limitato gruppo di persone che conoscono più lingue, non sempre il lettore, leggendo opere di autori stranieri, se ne preoccupa. Preso dalla trama, non riesce ad immaginare la grande fatica di trasposizione che richiede un testo scritto in un’altra lingua.

Lui, l’oscuro traduttore, si trova davanti ad una sola certezza: la storia già scritta, e a molti dilemmi: espressioni, modi di dire, linguaggi specifici non rintracciabili nella nuova lingua, e termini che non sempre corrispondono all’espressione originale.

Basta vedere cosa succede quando utilizziamo un traduttore automatico: un testo surreale e che solo con grandissima intuizione si riesce  a capire.

Insomma, difficilmente si percepisce che il traduttore è praticamente un secondo scrittore che ha dovuto rifare da capo tutta la storia. Ecco perché si parla sempre del traduttore traditore, perché è impossibile non tradire, non filtrare attraverso la propria sensibilità emozioni, sensazioni, raccontate in una lingua diversa, poiché la sensibilità è qualcosa di intrinseco, specifico dell’individuo e i modi di esprimerla sono diversi da lingua a lingua, da cultura a cultura.  E, non sempre, le traduzioni sono poi peggiori del testo originale. Anzi. 



Per il lettore quello che è importante è che le righe scorrano senza intoppi, che venga captato dalla storia a tale punto da dimenticare ciò che lo circonda;  che il suo pathos o il suo interesse vengano totalmente assorbiti, ed è quello che avviene in “Canto d’amore”, la storia romanzata della vita libertina di Enrico Caruso, che ha preferito scappare in America per sfuggire a una situazione sentimentale complicata.  Metà gentiluomo, metà malandrino, di aspetto non certo bello, Caruso ha saputo conquistare il cuore delle donne grazie ad una voce eccezionale e ad un forte carisma. Storie d’amori d’altri tempi dove la donna era disposta a sacrificare tutto per il suo uomo.



Di romanzi scritti su Caruso ce ne sono molti, tra cui quello del figlio avuto dalla sua amante Ada Giachetti, Enrico Caruso jr,  e quello della moglie ufficiale Dorothy Caruso.

Ma la canadese Mary di Michele ispirata dalla bella canzone di Lucio Dalla, Caruso, ascoltata per caso in suo soggiorno in Italia nell’estate del 2003, ha voluto rivisitare la storia di Caruso, colpita in particolare dalla storia rimasta sempre in penombra delle due sorelle Giachetti, innamorate tutte e due del tenore e il cui padre ha aiutato il napoletano quando muoveva i suoi primi passi artistici.

Essa, in questo romanzo, ha voluto offrire l’aspetto umano della vita sentimentale del tenore,  restituendo il giusto posto a Ada e Rina Giachetti, senza tralasciare la moglie americana.

Tuttavia anche se i personaggi messi in scena sono quelli reali, e i fatti essenziali rispettano la realtà storica, Canto d’amore non è una biografia ma il frutto magnifico di una finzione letteraria.  



Canto d’Amore, Mary di Michele, traduzione di Gabriella Iacobucci, Marlin editore, Napoli 2006

«Mai sottovalutare il potere di seduzione di una bella voce. Il divo dell’opera italiana Enrico Caruso era piuttosto basso e grassoccio, niente a che vedere con il suo connazionale e contemporaneo Rodolfo Valentino. Ma le donne non potevano resistergli. Canto d’amore è la storia, in parte romanzata, di un triangolo amoroso di cui furono protagoniste e vittime due sorelle livornesi, Ada e Rina Giachetti, la prima già sposata e la seconda sedicenne appena. Da Ada, che era un  soprano famosa, Caruso ebbe due figli, ma quando si accorse che stava per scoppiare uno scandalo preferì andare a cercare fortuna oltre l’Atlantico e in seguito, conosciuta l’americana Dorothy B. Park a New York, se ne innamorò al punto da sposarla, rinunciando alla fedele Rina che attendeva il suo ritorno in Italia. Nella prima parte del romanzo è proprio Rina a narrare la vicenda. Nella seconda le subentra Dorothy, folgorata dalla voce del cantante proveniente da un negozio di dischi, e poi sua compagna per i pochi anni che gli restarono da vivere. Canto d’amore è quel raro genere di romanzo in cui una narrazione forte eppure delicatamente modulata e una descrizione deliziosamente sensuale si combinano con sorprendente naturalezza».



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Senza titolo 0

Canto_dL’ASSAGGIO   di  CANTO D’AMORE, di Mary di Michele, tradotto da Gabriella Iacobucci


<<Forse perché ero passata dalla luce accecante di fuori alla fresca oscurità della casa, mi sembrava tutto così buio e i contorni delle cose confusi. Sentii il suo odore, prima di vederlo. Il suo profumo era una musica oscura composta di muschio e legno, e sì, anche odore di cucinato. Infatti c’era qualcos’altro che avvertivo, oltre ai capelli lucidi di brillantina e al sentore di stantio dei suoi vestiti. Era l’odore di olio da cucina e olive siciliane condite con aglio e peperoncino. Era un odore di pasti consumati a letto, non quelli dei malati, ma degli amanti.


La borsa dei carciofi mi cadde dalle mani. Le teste rotolarono sciolte, senza un filo di sangue, come sotto la lama affilata di una ghigliottina. Mi buttai carponi per raccoglierli e me le misi in grembo.


“Signorina.” Al suono della sua voce alzai lo sguardo, e fu allora che lo vidi per la prima volta, vidi la sua faccia dal basso. Ero inginocchiata. Lui aveva già cominciato a ridere, ma dal basso la sua faccia sembrava grave e i suoi occhi oscurati da ombre profonde.


“Signorina”, ripeté, e quando parlò le sillabe risuonarono come se fossi chiamata all’adorazione da una campana d’oro. Dico adorazione, ma la voce aveva corpo, non solo spirito. Forse avevo assaporato qualcosa di simile; forse era come la panna, la panna quando è montata, gonfia di dolcezza. Provai un senso di debolezza allo stomaco e alle ginocchia. Sentii un fremito, in basso, come se una farfalla, in letargo per sedici anni, fosse all’improvviso uscita dal bozzolo e stesse sbattendo le ali contro il mio sesso.>>

mercoledì 6 giugno 2007

Estratto da

"L'odore del mare"  di Pietro Corsi



Affacciato al balcone della mia infanzia, vedo una lunga vallata verde: si insinua, come coda di serpente, tra le gole delle montagne che con incomparabile armonia si slavano fin sulla linea del lontano orizzonte. Qua e là, vecchie case coloniche affumicate dalla patina del tempo, e il bruno di boschi chiusi fitti. Sembrano baffi sporchi sulla tela di un pittore distratto o stordito dalla serenità del paesaggio. Nella parte bassa, è tagliata in due da un torrente conosciuto con l’improbabile nome di Cigno; torcendosi tra le piante ai piedi dei monti, e rallegrate dal cinguettio degli uccelli, dove bagnando canneti e dove carezzando la folta vegetazione, le sue acque scorrono con pigra e rassicurante lentezza. Si perdono, si ritrovano, si perdono nuovamente e nuovamente si ritrovano prima di perdersi di nuovo e per sempre in un punto lontano, nascosto. Lì confluiscono con quelle del fiume Biferno e assieme continuano il breve corso prima di sfociare, leggere e vaporose, in quelle dell’Adriatico.


 


Tratto da  L’odore del mare, di Pietro Corsi,  p. 11, edizione Il grappolo, S. Eustachio di Mercato S. Severino (SA), 2006

Pietro Corsi e la sua opera

Pietro Corsi  a CasacalendaPietro Corsi


Nato nel 1937 a Casacalenda (Molise), verso la fine degli anni ’50 Pietro Corsi raggiunse suo fratello emigrato in Canada e lì iniziò una collaborazione con il giornale italiano “Il Cittadino Canadese” su cui appare il suo primo racconto, La Giobba, che narrava le disavventure di un contadino molisano emigrato a Montreal.


Si trasferì poi in California, dove vive tuttora con la famiglia facendo però la spola tra Los Angeles e il suo paese natio, a cui è molto legato.


Dopo aver narrato, in una serie di romanzi, storie della sua terra d’origine e dei paesi latinoamericani nei quali è vissuto, dedica il suo ultimo lavoro, L’Odore del Mare, (ed. Il Grappolo, 2006) alla sua straordinaria esperienza, durata 27 anni, sulle navi da crociere di una delle più prestigiose compagnie, la Princess Cruises di Los Angeles, dove iniziò come ispettore di bordo nel 1965 diventando infine Vice Presidente Esecutivo per una flotta di dieci navi.


 


Tra le opere di Pietro Corsi: La giobba (in inglese Winter in Montreal. Premio F.G. Bressani Vancouver 2002); Ritorno a Palanche (1966, 1985); Sweet Banana (in italiano Un certo giro di luna – 1984, 1987); Lo sposo messicano (1989); Amori tropicali di un naufrago (1990); Il morbo dell’ozio (1994); Omicidio in un paese di cacciatori (secondo premio ex-aequo Francesco Jovine/Parchi Letterari Piedicastello 2001); Halifax: l’altra porta d’America (Menzione speciale Premio letterario Piedicastello sezione saggistica, 2002-03. Menzione d’onore Premio internazionale Emigrazione. Pratola Peligna, 2003); L’Ambasciatore di don Bosco (2004).



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lunedì 4 giugno 2007

Estratto da Molise Molise di Giose Rimanelli


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Chi sono i molisani?


Carne sofferente, perduta. Li ho incontrati in Italia, attivi nei vari giornali, negli ospedali, dietro le cattedre accademiche, nei ministeri. E li ho incontrati a Montreal e a Toronto, costruttori di case e autostrade; e nel Bronx di New York dove un molisano, Arturo Giovannitti di Ripabottoni, diventò il bardo dei lavoratori negli anni venti, degli umili e degli afflitti, guardando al loro futuro attraverso la lotta di classe.


Ninna nanna, figlio di mamma,


Chi t’ha cantata la mia canzone?


Sei nato di marzo come il rondone,


Come la rosa canina e l’agrigna


Mora dei rovi e delle fratte


 


E li ho incontrati in Argentina e nel Brasile, anche lì costruttori, esploratori, dissodatori cauti e precisi.


I molisani non sono una nazione e  nemmeno una regione, ma un seme certo, profondo, araldico.


Ma con mio padre è diverso. E’ stato sempre diverso.


Io me la prendo con lui ora, perché ho scoperto la sua esistenza. E in essa la mia. E in essa la nostra, di molisani col sacco sulle spalle e la fantasia che brucia.


Lui è nato dove sono nato io, un villaggetto tra le colline appenniniche del Molise meridionale che Polibio chiamò Cales, i feudatari medievali Kalena e Casalchilenda, e gli unionisti ante e post Risorgimento Casacalenda.


Qui ho ascoltato le prime nenie della mia coscienza. Ero un bambino e ho visto gli uomini piangere, non soltanto le donne, per una frana che era arrivata, una mula morta, una bambina sventrata dall’autocarro, e la siccità che ha bruciato il raccolto.


Una delle nenie diceva:


          Possa essere benedetta, Rosa mia.


          Teneva le carni come una pollastra.


            Dove devo andarla cercando ora, Rosa?


            Possa essere benedetta.


            Chi vuole più dormire la notte, rosa mia Rosa?


E un’altra:


          Marito mio, sono rimasta con quattro figli.


          Come devo fare? Ho faticato per chiamare il sole.


            Una figlia di diciott’anni, robusta e grossa, una giovanone.


            E ora piangi e piangi, ma che ci fai più col pianto?


            Non ho più la figlia mia, non ho più lacrime


Ricchezza mia, cuore di mamma, figlia mia.


 


Tegole volavano dai tetti nella mia infanzia sotto i venti furiosi che scuotevano la terra e le nostre viscere. Due persone morirono con una tegola in testa. Al Circolo dei Galantuomini ripetevano un’antica storia. «Anche Pirro è morto con una tegola in testa. ah».


Questi galantuomini uscivano dalle loro calde case nel buio dei vicoli per una partita a carte al Circolo, raccontando i fatti e i fattacci della giornata. Erano il farmacista e il sindaco, il medico condotto e l’arciprete, l’orefice e l’avvocato, il segretario comunale e il geometra.


Si chiamavano Tata, Giambarba, De Simone, De Liberis, Scocchera, Miozza, corsi, Vincelli, Montagano, De Lisio. Io li guardavo per sapere chi erano. E presto la storia di Pirro raggiunse anche i barbieri e i sarti e i calzolai.


Io non capivo. Ma più tardi lo seppi.


Si attribuisce a Livio la storia di Pirro morto in Argo per la tegola ricevuta sulla testa. Ma nel Molise Pirro è popolare per un’altra ragione. I Sanniti, in una delle loro campagne contro Roma, si allearono con i Bruzi, i Lucani, i Piceni, i Messapi e i Salentini. La guerra era divampata tra Roma e Taranto, e Taranto ricorse all’aiuto dei popoli italici, e di Pirro re dell’Epiro. Pirro intervenne con le sue truppe (portava elefanti), e Roma ne ebbe timore. Ma stanco delle lungaggini della campagna se ne tornò in patria con un pretesto, e vi morì… con quella tegola in testa, appunto.  I Romani si rianimarono e decisero di dare una dura lezione ai confederati.


Invasero il Sannio. E da quel momento il Sannio divenne colonia romana. Il ricordo di Pirro, dunque, era legato alla perdita della libertà.


In una farmacia del mio paese vi lessi quando avevo tredici anni, incisa in ferro sul frontone del palazzotto, la strana scritta:


                   Incerti unitas


Indubius libertas


In omnibus charitas


E mi chiesi cos’era questo mio paese.



Tratto dal romanzo di Giose Rimanelli Molise Molise,  Marinelli ed., Isernia 1979, pp. 9-11 


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Giose Rimanelli e la sua opera

Giose Rimanelli è nato a Casacalenda nel 1926. La vita di questo scrittore molisano è caratterizzata dalla curiosità, dall’irrequietezza, dalla grande operosità. La sua passione per la scrittura nasce fin dall’adolescenza dove dimostra di possedere un vero talento nella elaborazione di racconti e poesie.


E’ con il libro “Tiro al piccione” che il ventenne Rimanelli ottiene la consacrazione di scrittore.  In questo libro egli racconta la storia di una giovane che vede la Resistenza dalla parte sbagliata. Questo racconto ispirerà poi  il regista Giuliano Montaldo per la realizzazione del film omonimo.


L’irrequieto Rimanelli, nato da padre Casacalendese e madre canadese (di origine molisana), che passa senza problemi da una sponda all’altra dell’oceano Atlantico, vive una vita tumultuosa, dove riesce a coniugare gli studi, la scoperta di paesi lontani, la letteratura e il giornalismo. Negli anni ’60 si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti dove entra come professore nelle università americane occupando, poco a poco, cariche prestigiose. Infatti, prima di andare in pensione è stato emerito  Professore di Letteratura comparata d'Italiano nelle migliori università d’oltreoceano.


Numerose sono le sue opere in italiano e inglese scritte durante la sua lunga carriera.


 


Tra romanzi, narrative di viaggi e racconti sia in italiano che in inglese, ha pubblicato: Tiro al piccione (Mondadori, Milano 1953), Peccato originale (Mondadori, Milano 1954), Biglietto di terza (Mondadori, Milano 1958), Una posizione sociale (Vallecchi, Firenze 1959; nuova edizione con il titolo La stanza grande, Avagliano, Cava dei Tirreni 1996), Il mestiere del furbo (1959), The in casa Picasso (1961), Il corno francese (1962),  Modern Canadian Stories (1966), Carmina blabla (1967),  Monaci d'amore medievali (1967), Tragica America (1968), Poems make pictures, pictures make poems (1971), Italian literature: roots & branches (1976), Graffiti (1977), Molise Molise (1979), Moliseide (1990), Benedetta in Guysterland (premio American Book Award 1994). All'attività narrativa ha unito quella della poesia, della musica, del giornalismo, del teatro e della critica letteraria.


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La sua prima rassegna di “Un racconto per l’estate”, Molise d’Autore l’ha voluta dedicare all’opera di questo grande scrittore molisano. “Un contratto di matrimonio” -  che è stato messo in scena sulla suggestiva piazza Pertini di Casacalenda da Gabriella Iacobucci -  è  uscito nel 1947,  non solo è uno dei primi racconti di Giose Rimanelli, ma, a giudizio di molti critici, può essere considerato uno dei più belli della letteratura italiana.