mercoledì 6 giugno 2007

Estratto da

"L'odore del mare"  di Pietro Corsi



Affacciato al balcone della mia infanzia, vedo una lunga vallata verde: si insinua, come coda di serpente, tra le gole delle montagne che con incomparabile armonia si slavano fin sulla linea del lontano orizzonte. Qua e là, vecchie case coloniche affumicate dalla patina del tempo, e il bruno di boschi chiusi fitti. Sembrano baffi sporchi sulla tela di un pittore distratto o stordito dalla serenità del paesaggio. Nella parte bassa, è tagliata in due da un torrente conosciuto con l’improbabile nome di Cigno; torcendosi tra le piante ai piedi dei monti, e rallegrate dal cinguettio degli uccelli, dove bagnando canneti e dove carezzando la folta vegetazione, le sue acque scorrono con pigra e rassicurante lentezza. Si perdono, si ritrovano, si perdono nuovamente e nuovamente si ritrovano prima di perdersi di nuovo e per sempre in un punto lontano, nascosto. Lì confluiscono con quelle del fiume Biferno e assieme continuano il breve corso prima di sfociare, leggere e vaporose, in quelle dell’Adriatico.


 


Tratto da  L’odore del mare, di Pietro Corsi,  p. 11, edizione Il grappolo, S. Eustachio di Mercato S. Severino (SA), 2006

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