martedì 22 giugno 2010

Trofa, Marìteme m'ha scritte....


A richiesta inseriamo la versione completa delle due poesie-canzoni di Luigi Antonio Trofa "Marìteme m'ha scritte..." e "Muglièrema ha respuòste", di cui troverete sul blog (2008)  una descrizione del giornalista Giuseppe Tabasso:



 



MARITEME  M‘HA SCRITTE                     



 



Carìssema Tresàngela,                                            



sòng’arrivato bbène;                                    



madonna e quanta trène                                         



ce stànne a ‘sta cità!                                    



Le casere so’ àvete                                                  



Comm’a ru campanàre,                                           



la ggiòbba* ru cumpare                                          



me l’ù truàta ggià…                                                 



 



Ma chélla ch’è terribbèla,                           



Tresàngela, è la lénga!                                            



Qua, ùne che scellénga                                            



ze dice ca: nò stén…*                                   



So uomméne* le fémmene,                         



ri màschere so’ mèn*                                              



e yes, a Brucchelì*                                                   



segnìfeca: pe’scì!



 



Diécche pe’ ru divìvere



ze passa bunariélle



però ru zanzariélle



è assùtte cpmm’à ché…



Qua la bevanda ‘còlica



nesciùne la po’ vénne…



Ce crìde tù?... Vatténne,



so’ chiacchiere, Tresé.



 



Ma chélla ch’è terribbéla,



Tresàngela, è la lénga!



Se truòve a chi t’anzénga



cumiénz’a ggastemà.



T’ammàtte che ‘na ggiòvena,



*sciacchènza siente fa…



*natìnga, a Bufalò*



segnìfica: pe’nno!



 



Tresà, qua la sciammèreca



z’aùsa p’ogne gghiuorne,



nen g’è bbrevògna o scuòrne



pe’ chi ze lo vò fa.



Pe’ chésse spisse càpeta



ca scàgne pe’ nnutàre



ru prime sapunàre



che tròvez’a passà!



 



Ma chélla ch’è terribbéòa,



Tresàngela, è la lénga!



Tu tié chéssa zerlénga…



ma se mmenìsce qua,



o pòvera Tresàngela,



che bbularrìsce fa?



Ru *accìse, sa ched’è



Ru càsce, sòre sé!







 



Questa poesia-canzone svela lo smarrimento e la meraviglia del povero emigrante appena giunto in America. Le parole tra virgolette o con asterisco si riferiscono a termini inglesi, o slang americano. Per esempio: Giobba (the job) occupazione; nò stén (not understand) non capisce; uomméne (women) donne; Brucchelì (Brooklyn); natìnga (nothing) niente; sciacchenza (to shake hands with) stringiamoci la mano, facciamo amicizia; accise (cheese) formaggio; sore sé (sorella mia).



 



***°°°***



Risposta di Tresangela (Teresa Angela) alla lettera di Domenico



                                                                                                                                



 



MUGLIEREMA  M‘HA RESPUOSTE                  



 



Carìsseme Dumìneche,                                            



rispònde a la tua cara,                                             



ca pure la cummàra                                     



te mànn’a a salutà.                                                  



Me pare miéze sécule                                             



Da quànne scié partùte,                                           



mò cònte ri menùte,                                    



pe’ te puté abbraccià!                                              



 



Chélla ch’è ‘nzuppurtàbbela,                       



Dumìneche, è la notte…                                           



Penz’a le capelòtte                                                   



Che faciavàme nu’.                                                  



Mo vòtete e revòtete,                                              



j’ nen te tròve cchiù,                                    



e pènze: mo chi sa                                                   



Dumìneche che fa!



Ru ceterìlle màschere



sta pe’ spuntà ri diénte,



che péne e che trumiénte,



che chiàgne che ze fa…



‘SSa mmaledétta 'Mèreca



jè ppèje de le ‘mbèrne,



prèg’a ru patratèrne,



Dumi’, ‘nte ‘mbriacà !



 



Chélla ch’è ‘nzuppurtàbbela,



Dumìneche, è la notte...



te chiàme e nen m’abbòtte



de chiamà sèmp’a tté;



me sònne cose stròbbele,



strappìcce, maramé,



jnòtte j’me sò



sunnite a ru popò!



 



Dummì, fa l’òme, addósera,



la sera, quann’è scùre,



vatténne mùre mùre,



fa cùnte ca ‘gne sta.



Attiénte a chésse fémmene,



‘sse bbrùtte bbesenìsse*



se siénte… pìsse… pìsse



t’avìscia rrevutà!



 



Chélla ch’è ‘nzuppurtàbbela,



Dumìneche, è la nòtte…



ru càpe miè è ‘na votte,
me vòlle comm'a cché...



Me ze ne vò ‘scì l’alema,



che fuòche bbène mié…



allora llà pe’ llà,



me vularrìa ‘mbarcà!



 



*besenisse (business) affari                                                        



 



***°°°***



MI HA SCRITTO MIO MARITO



Carissima Teresàngela



sono arrivato bene;



madonna! quanti treni



stanno in questa città!



Le case sono altissime



come campanili,



il lavoro il mio compare



me l’ha trovato già…



 



Ma quello che è terribile,



Teresangela, è la lingua!



Se uno qua s’imbroglia,



gli dicono «no stèn».



Sono «uòmmene» le femmine,



i maschi sono «mèn»;



 e «yes» a Brooklin



 Vuol dire: sì!



 



Or qui, riguardo ai viveri,



si campa per benino,



però ‘sto gargarozzo



è asciutto sempre più…



Qua la bevanda alcolica nessuno la può vender…



Ci credi tu?... Ma scherzi!



son chiacchiere, Tresé…



 



Ma quella ch’è terribile,



Tresàngela, è la lingua!



Se trovi chi t’insegna,



cominci a bestemmiar…



T’imbatti in una giovane,



«siacchènza» senti dir…



«natinga», a Bufalò,



vuol dir soltanto no!



 



Tresà, qua il batti chiappe



si adopera ogni giorno,



non c’è vergogna o scorno



per chi se lo vuol far.



Per questo, spesso capita



che scambi per notaro



il primo saponaro



che trovasi a passar!



 



Ma quella ch’è terribile,



Tresàngela, è la lingua!



Tu ce l’hai tanto lunga…



ma se venissi qua,



o povera Tresàngela,



cosa vorresti far?



«l’accise» sai cos’è…



il cacio, amica mia



 



MIA MOGLIE MI HA RISPOSTO



Carissimo Domenico,



 risponde la tua cara



ché pure la comare



Ti manda a salutar.



Mi sembra mezzo secolo



da quando sei partito,



e già non vedo l’ora



di poterti riabbracciar!



 



Quella che è insopportabile,



 Domenico, è la notte…



 ripenso alle capriole



 Che facevamo noi.



 Ora, voltati e rivoltati,



 non ti ritrovo più,



 e penso: ora chissà



 Domenico che fa!



 



C’è che al bambino maschio



stanno spuntando i denti,



che pena e che tormento,



che pianti che si fa!...



La maledetta America



è peggio dell’inferno,



ma prega il padreterno,



Domenico non t’ubriacr!



 



Quella ch’è insopportabile,



Domenico, è la notte…



ti chiamo e non mi sazio



 di sempre chiamar;



mi sogno cose strane



ed assai brutte, ahimé,



stanotte, su per giù,



ho visto belzebù!



 



Dumi’, fai l’uomo, ascoltami,



la sera quand’è scuro,



sparisci muro muro



come non fossi là.



Bada a codeste femmine,



son tutte per l’affare,



se senti… pisse… pìsse,



ti avessi tu a voltar!



 



Quella ch’è insopportabile,



Domenico, è la notte…



la testa è ormai una botte



che bolle sempre più…



Già se ne vola l’anima,



che fuoco, caro ben,



allora là per là io mi vorrei imbarcar!



 



Tratte da Pampùglie, di Luigi Antonio Trofa, raccolta di poesie in vernacolo ferrazzanese, pubblicata a  Roma  maggio 1973.



La versione italiana è di Mario Trofa

4 commenti:

  1. Oh, infine trovo queste due bellissime poesie per intero. Grazie Molise d'autore! [IMMAGINE]

    Giusy

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  2. Complimenti! Anche l'ortografia è prossima alla perfezione. Peccato che nella penultima quartina di "Muglièrema ha respuoste" manchi l'ultimo verso: "me volle comm'a ché".  G. Roccia

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  3. E' vero, è saltato quel passo. Ora l'abbiamo corretto. Grazie per la segnalazione. B. Bertolini

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  4. E bellissima ma la versione in italiano perde molto,mi piacerebbe
    sentirla,sia recitata che cantata

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