giovedì 16 aprile 2020

LO SCAFFALE DEI LIBRI DIMENTICATI - 1 -





a cura di Gabriella Iacobucci



Premessa

In questi giorni di forzata clausura, facendo un po’ d’ordine nella mia biblioteca, ho ritrovato decine di libri di autori molisani che si erano accumulati nel mio armadio negli ultimi trent’anni e che avevo dimenticato. Trent’anni di vivo fermento culturale, di grande produzione letteraria, di incontri con gli autori. D’estate tornavano ancora in Molise Giuseppe Jovine, Giose Rimanelli, Pietro Corsi,  e avevamo scoperto da poco Ricci e Fiorito.  Di molti di questi libri dopo la loro pubblicazione non si è più parlato. Poiché per me sono stati una riscoperta entusiasmante, ho pensato di condividerla con voi in questa rubrica e di riproporvene alcuni attraverso delle brevi schede.

IL MORBO DELL’OZIO

Pietro Corsi (Casacalenda 1937- Los Angeles 2017). Casa ed. Ripostes, Salerno, 1994

Perché
Le epidemie, con il loro carico di morte e la loro forza distruttiva e imprevedibile, hanno ispirato scrittori di tutti i tempi. In questi giorni del Corona Virus è soprattutto a Manzoni, ai celebri passi dei Promessi Sposi, che torna la nostra memoria quando osserviamo ciò che sta succedendo.  Anche questo romanzo racconta  di un’ epidemia, un morbo invisibile che in poco tempo si propaga inesorabile  e cancella  un intero paese.
Ma soprattutto è un libro straordinario, uno dei più originali scritti da Pietro Corsi,  del quale si è parlato troppo poco. Adesso che lui non c’è più, sento il dovere di ricordarlo.

Trama
Protagonista del romanzo è un intero paese, Kalurana, nome fittizio dietro il quale si riconosce Casacalenda, paese dello Scrittore. In questo antico e nobile paese del Meridione non succede niente, i signori al Circolo dei Galantuomini passano il tempo prendendo il caffè e discutendo di questioni più o meno dotte, come quella di Pietro da Morrone, se è di Kalurana o no,  o se la K dello stemma sulla porta del paese vecchio significhi questo o quello, o dedicandosi alla lettura dei giornali. Gli altri trascorrono le ore seduti davanti al Circolo degli Artieri, o davanti ai bar, quello di Sopra e quello di Sotto. Gli unici avvenimenti che rompono la monotonia delle giornate sempre uguali, come ad esempio i lavori di scavo per rifare le fognature, diventano, nello spazio senza tempo del paese, surreali.
 Un giorno il paese, senza che vi sia alcun segno premonitore, si ammala di un morbo sconosciuto, del quale nemmeno gli stessi abitanti si rendono conto. Tutto deperisce e invecchia rapidamente.
Solo il dottor Erminio, medico del paese, decide di partire in cerca del farmaco che lo guarisca. Quando dopo vent’anni in giro per il mondo ritorna, senza averlo trovato, riconosce da lontano la sommità della collina, il profilo dei boschi, ma non vede più il paese, il paese è scomparso.

Il romanzo inizia così
“Il piccolo paese di questa storia, che per convenienza ci è stato indicato col nome fittizio di Kalurana, era stato fondato dai Sanniti tanti secoli fa. Tanti infatti, che né la memoria umana né le ingiallite pagine dei numerosi scritti da maghi bardi e aedi di tutti i tempi erano mai riuscite a stabilirne la data in un anno preciso della storia. Ne avevano parlato , è vero, illustri scrittori latini e greci, anche Polibio e Livio, Floro, Strabone, e Athenaeus, ma neanche dalle dirette conoscenze da questi messe in luce si poteva accertare una data più o meno azzeccata”...   

Pietro Corsi


Dal libro
La lettura dei giornali
Era costume, al Circolo, leggersi i giornali che l’inserviente Liberato lasciava ogni mattina sul tavolo della sala di lettura dopo averli personalmente prelevati dal Capo Stazione. Era anche inevitabile che al primo raggio di sole che si affacciava alla finestra durante i mesi estivi, i soci uscissero fuori col giornale e con la loro sedia di paglia per continuare la lettura all’ombra della strada, carezzati dalla brezza che si insinuava senza pretese fra vicoli e vicoletti, e scivolava lungo il vialone per poi perdersi sul piazzale della Villa contro l’imponente Palazzo Ducale. p.86

Il rito del caffè
“Il caffè, signori…”
Non potevano sbagliarsi. Da quel tono inequivocabile essi seppero immediatamente che era di primo mattino, né più presto né più tardi delle dieci, e che quello era il loro primo caffè del giorno. Ognuno lasciò il giornale, prese la propria tazzina di caffè (ve n’era una di diverso tipo per ognuno di essi, che non veniva mai toccata se non dal legittimo padrone), mischiò lo zucchero che lo stesso Liberato versava, a turno, nelle tazzine fumanti, e cominciò il rituale del primo sorseggio della giornata. p.89

Discussioni dotte
Il personaggio più popolare nei giorni che precedevano o seguivano una festa era San Pietro Celestino, meglio ricordato come Papa Celestino V, unico nella storia ad aver fatto ‘il gran rifiuto’.
              “Anche Papa Celestino era nato a Kaldera,” disse un giorno Renato Fumo, tra una birra e l’altra, davanti al Bar di Sotto.
              “Si vorrebbe che fosse nato qui,” rispose Gerlando Gentiluomo, approfittando di quella ingenua informazione per intromettersi. “Sta di fatto che una storia più recente, quindi anche più credibile, gli dà i natali a Isernia.”
              “Macché Isernia, “rispose l’ottonaio Armonioso. “A Isernia nacque quel lazzarone di Ponzio Pilato, non Celestino. Per quanto mi riguarda, quel papa eremita nacque a San’Angelo… Non so però se Sant’Angelo in Grotte o Sant’Angelo Limosano o Sant’Angelo al Pesco. Di certo so che era nato a Sant’Angelo.” p.27

Gli scavi per le fognature
              “Un bel giorno di luglio, nel confuso chiarore dell’alba, mentre il primo sole illuminava la vallata e si alzavano, dalla terra riposata, i densi odori di una natura perfetta che non esisteva né avrebbe potuto mai esistere in nessun altro posto del mondo, Kalurana fu scosso dall’arrivo inaspettato di un esercito di tecnici diviso in due squadre. […] Nessuno sapeva con esattezza cosa facessero quei tecnici ed operai… Gli artieri pensavano che i galantuomini dovessero sapere di quei lavori ed erano meravigliati che nessuno ne avesse mai parlato. Anche loro ricordavano i giorni di un imprecisato passato quando installarono le prime fognature, poi di quando installarono le tubature dell’acqua, affinché ognuno potesse allacciarvisi. Ma per questi stessi motivi ognuno si sentiva autorizzato a chiedersi cosa mai facessero queste nuove fosse che gli operai scavavano con tanta alacrità e precisione, e con un segreto che rischiava di diventare il tormento del paese”.  p. 119, 125.

Il morbo
“Senza che il dottor Pasquale Erminio potesse saperlo, e prim’ancora che qualcuno se ne accorgesse, Kalurana venne colpito dal morbo più violento che la storia dell’umanità avesse mai conosciuto o registrato. Le case più vecchie, che avevano sempre ospitato numerose e industriose famiglie, rese vive e allegre con la loro stessa gioia di vivere, cominciarono ad essere abbandonate da inquilini e padroni senza alcun motivo palese o sottinteso. E, così abbandonate, non tardarono a diventare presto monumenti di tristezza e di solitudine.
Nella solitudine intristirono gli stucchi, che sgretolandosi compromisero le travi e in certi casi le fondamenta stesse di quelle costruzioni secolari. Persino le frane, che pur erano state sempre tenute sotto controllo per volontà di Dio e desiderio del paese, si rimisero in moto con la loro nascosta ma inesorabile furia. Nessuno si rendeva conto di questo stato di cose; intorpiditi dall’ozio, non avevano il tempo o la volontà di preoccuparsene”. p.67
 Kalurana  cominciò a invecchiare, e assieme al paese cominciarono a invecchiare i suoi abitanti, i vecchi diventando più vecchi, e i giovani diventando vecchi anzitempo contro ogni conosciuta legge della natura”… p.73

La scomparsa degli alberi
 “[… ] Comodamente seduto davanti al Circolo degli Artieri, sotto l’ombra e con la brezza propizia che rendeva più sopportabile la calura di giugno, un giorno il Cavalier Beninteso si scosse, essendosi improvvisamente ricordato di qualcosa la dimenticanza della quale lo aveva turbato durante le ultime ore. Si guardò in giro, come sorpreso del suo stesso ricordo.
“Gli alberi!” esclamò ad alta voce, facendo sussultare gli astanti. “Signori, dove sono andati a finire gli alberi del paese?” […] Per quanto si sforzassero di ricordarsi, nessuno riusciva a ricordare come e quando erano scomparsi gli alberi del paese, come e quando fosse stato spianato il piazzale della villa o perché quella pietra rovesciata nascosta tra i cespugli morti fosse chiamata Monumento. Era però certo che di alberi non ce n’erano più”… p.79

Il ritorno del dottor Erminio
“…Dallo sdrucito astuccio di cuoio tirò fuori gli occhiali. Li lavò sotto la fontana, li pulì. Li inforcò e cercò di guardare sul monte, lì di fronte ove sapeva che c’era Kalurana. A distanza vide quel monte familiare che dal fondo della valle iniziava la sua maestosa salita, un verde smeraldo al fondo che cambiava, proprio mentre risaliva, in un color biondo giallo poi rossiccio poi più scuro, e su in cima quasi nero. Nonostante lo sforzo degli occhi stanchi, non riuscì ad infocare la vista sulle prime case del paese.
Dicendosi che avrebbe dovuto, come prima cosa, farsi rifare gli occhiali, continuò per la sua strada e arrivò al bivio del Convento. Da lì, ne era certo, avrebbe potuto vedere il paese anche senza occhiali.
Non lo vide”. p. 162

Prima presentazione
 A Campobasso, nel  giugno del 1994, a cura del Coordinamento dei Molisani nel Mondo.
 Con Francesco D’Episcopo, Gabriella Iacobucci, Sebastiano Martelli.

Hanno detto
Francesco D'Episcopo - La malattia che colpisce il paese: l’ozio, che si identifica con l’assenza di vita, è un segno antico, una sorta di maleficio. Una malattia del corpo e della mente, una infinita malinconia, che può portare alla morte, alla follia, nel migliore e peggiore dei casi , a una sopravvivenza stentata e senza senso. Corsi riesce a rappresentare l’annientamento dell’anima che questo morbo provoca con un realismo surreale...
[…] Cosa si cela dietro questa solo apparente metafora? Un gioco serissimo, carico di umori vitali: la constatazione lucida del letargo storico che ha avvolto il destino del Molise e del Mezzogiorno; ma anche lo spirito inquieto di un viaggio, che continua all’infinito, alla ricerca, non retorica ma intima, del proprio sangue, che rischia o ama di farsi meticcio, zingaro.

Giose Rimanelli - […] Questa è una delle più belle “croniche” che Pietro Corsi abbia mai scritto: incantevole, ilare e allo stesso tempo pensosa. Dico “cronaca” (nel senso medievale di storia, tra vero e inventato) e non “romanzo” (nel senso politico/realista dall’Ottocento a oggi), perché la narrazione “irregolare” de Il morbo dell’ozio è molto più vicina al factual report e al fictional blurb  di tipo americano che a certi più severi canoni di compartimentazione stilistica di educazione europea.
                                                                                                                                                           Gabriella Iacobucci


PROSSIMA SCHEDA “IL LUNARIO DELL’OSTERIA" di Enzo Nocera

20 commenti:

  1. Complimenti, Gabriella, per aver fatto riemergere dall'oblio questa cronaca -come la definisce Rimanelli giustamente - di Pietro, così viva e dettagliata, che ci fa trovare come d'incanto in un ambiente di paese che sentiamo subito nostro perché in cuor nostro lo conosciamo. Anche qui, la sua Casacalenda è protagonista, con i suoi innocui riti quotidiani, senonché la cittadinanza è oppressa da un morbo terribile e invisibile come quello che stiamo vivendo tutti noi. Annientamento o rinascita, una volta che si è presa coscienza di questo male oscuro che ottenebra tutto e tutti? Visionario ed emblematico questo scritto di Pietro, che, grazie al bel repéchage di Gabriella, sollecita alla rilettura.

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  2. Il commento di un lettore raffinato e attento, capace di intuire l'originalità e il senso del "romanzo dimenticato" di Pietro Corsi dalla visione di una 'scheda', è non solo gratificante, ma anche una conferma significativa del valore di questo "scaffale". Grazie!
    Gabriella

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  3. E' stato un piacere scoprire un altro “ritorno” di Pietro che - non soltanto nei suoi libri – ha trascorso la vita in continuo movimento. Temevamo di averlo perduto, ma l'attenta esplorazione di Gabriella ci ha fatto apprezzare ancora una volta l'opera di uno scrittore acuto e appassionato. Grazie, dall'Anonimo triestino.

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  4. Grazie a Gabriella sto scoprendo una regione ricca di fermenti, di cultura. Forse non avrei dovuto meravigliarmi ricordando le splendide figure di Jovine e Perrotta, che credevo, erroneamente, isolate eccezioni. L'idea di offrire schede sostanziose su autori e testi dimenticati mi sembra molto interessante. Il paesino del romanzo in oggetto mi ha ricordato tante realtà del centro sud di un passato non lontano e , mutatis mutandis, anche di oggi. Complimenti per l'iniziativa e buona lettura a tutti, sempre che si possano reperire facilmente i testi

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  5. Cara Gabriella, grazie per il lavoro di retrospettiva fatto con questo romanzo di Pietro Corsi. Con il Corona Virus forse i piccoli territori avranno una seconda chance per "ripartire" perché ognuno si farà protagonista dello sviluppo. Sviluppo del Molise ma anche dei piccoli paesi che purtroppo stanno diventando luoghi di abbandono. Le case, l'abitato, costituiscono il panorama di un paese, ma questo è soprattutto la gente che ci vuole vivere. Vedremo cosa succederà nei prossimi anni. Loreta Giannetti

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  6. Anche in questi giorni infuria sulla stampa e i social la polemica nord - sud ...."autorevoli " giornalisti di testate nazionali alimentano la querelle e proprio ieri sera ho sentito dalle labbra di una commentatrice pugliese che nel meridionale è insita la pigrizia e la scarsezza di intraprendenza...questo morbo autodistruttivo dell'oblio ,manifestatosi nella finzione letteraria dell'intrigante novella , che tu cara Gabriella mi hai fatto riscoprire, è un retaggio culturale dal quale possiamo affrancarci..guarire..o purtroppo è invece una malattia cronica che accompagna l' invecchiamento....lo stesso invecchiamento è poi una malattia?

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  7. Da medico e meridionale scontenta e insoddisfatta di vivere in Molise...da tanti anni me ne sono fatta una ragione...cerco di apprezzare la resilienza della nostra terra..e di proiettarmi ancora in un futuro incerto, pensando global...e vivendo local...

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  8. Ozio e oblio non sono esattamente la stessa cosa ma secondo la mia interpretazione è questo il messaggio nascosto nelle pagine della novella, l'attività creativa appunto trasforma e produce nuovi scenari..l'ozio nella accezione piu negativa fa arrivare al dissolvimento autodistruttivo.

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  9. Gabriella, complimenti per questa tua iniziativa con la quale ci prendi per mano e ci guidi alla scoperta di interessanti opere di autori molisani. Nei brani che hai proposto emerge l'atmosfera statica e sonnolenza di tanti paesi del nostro meridione, oppressi e disgregati dal"morbo" della sfiducia nella possibilità di modificare lo "statu quo" reagendo. Tra gli abitanti di Casacalenda, solo il farmacista prova a cercare un rimedio intraprendendo un viaggio, ma non lo trova, a mio giudizio perché la forza per modificare le situazioni deve scaturire dall'interno e non dall'esterno di esse. Mi auguro che in questo difficile periodo della nostra storia, il "farmaco" della cultura, la ripresentazione delle opere legate al nostro territorio, possa essere un perno su cui far leva per promuovere la riscoperta di tanti nostri paesi,
    belli ma abbandonati.Ernestina Simeone

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  10. Grazie per questa bella presentazione, mi ha fatto venire voglia di leggere questo libro, soprattutto in questi tempi di corona virus. giudicando dai brani inseriti, dev'essere un bel libro che si può leggere quasi come un racconto fiabesco ma con un contenuto serissimo che fa riflettere sul nostro modo di essere e su quel subire passivo della realtà che fa parte del vivere molisano. Grazie per questo sguardo sulla vita. Angela Gargano Pinecoffin

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  11. Complimenti Gabriella! hai avuto un'idea geniale. Il Molise "dimenticato" ha bisogno di riscoprire autori e libri dimenticati e persone come te che li riportano alla nostra memoria.

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  12. Stimolato dall'apprezzatissimo rispolvero de IL MORBO DELL'OZIO (e dalla contemporanea "Lettura ad alta voce" su Radio 3) sto rileggendo "Lo stadio di Wimbledon": una riscoperta. Segui i suggerimenti di alcuni commentatori della tua iniziatica, cara Gabriella, aprite MdA a nuove attività. Ancora grazie dall'Anonimo Triestino

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  13. Grazie Gabriella per questa bella iniziativa...E anche per il grande interesse che hai avuto verso i scrittori Italo Canadesi di origine Molisana. Io sono Italo Canadese, ma non dal Molise. Ma nel nostro circolo di scrittori ho sempre ammirato i scrittori Molisani. Ho sempre pensato, come mai tanta creativita uscita dal Molise? Forse l'emigrazione e' stata in numero grande. Comunque il Canada ne ha avuto il dono dei lavori di ben consciuti e famosi scrittore provenienti da questa piccola regione.Io ho sempre ammirato Pietro Corsi e ho letti e riletti i suoi libri che riposana in prima selezione nella mia scrivania. Pietro Corsi era ben concosciuto non solo come scrittore ma anche come un uomo di valori di umanita'. Una persona indimenticabile.
    Delia De Santis

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  14. Grazie,Gabriella,per avermi fatto conoscere questo testo così attuale in cui i personaggi sembrano presi da incanti di un esotismo spaziale e temporale.

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  15. In un tempo in cui un piccolo virus invisibile minaccia la salute e la tranquillità di tutti, non si può non accogliere con favore un'operazione culturale che vuole valorizzare gli scrittori del nostro Molise.
    Grazie a Gabriella diventa così attualissima l'epidemia di "Kalena", immaginata da Pietro Corsi,che porta alla scomparsa del "sereno paese", nell'indifferenza della popolazione intorpidita dall'ozio. Chissà, forse è un implicito invito per tutti a reagire e rialzarsi. Comunque grazie Gabriella.

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  16. Connie Guzzo Mc Parland, Guernica Editions Montreal10 luglio 2020 alle ore 18:14

    Grazie Gabriella per la scelta di questo testo di Pietro Corsi, così attuale. Non lo conoscevo, anche se Guernica Editions ha pubblicato due suoi altri libri: Halifax e The Light of the Soul. Ho incontrato Pietro parecchie volte e l'ho visto un'ultima volta per la presentazione del suo ultimo libro a Montreal. L'evento fu organizzato dall'associazione di Casacalenda e assistito da molti molisani. Era molto amato e stimato da tutti.

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  17. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Il quadro che viene tratteggiato è quello di una piccola comunità molisana, Kalurana, la quale, dopo la vitalità dei tempi che precedono il secondo conflitto mondiale, è colpita dal morbo dell'ozio, un morbo che, permeandolo gradualmente fino a consumarlo, lo risucchia nel mondo della futilità e in una evanescenza che spesso deborda nella sfera del fiabesco. L'autore non si risparmia ampie pennellate ironiche che talora lambiscono il sarcasmo, ma non nasconde il suo segreto amore per quella terra, che è la sua terra natia. Sullo sfondo l'implicito crollo di un sistema economico-sociale che non ha retto agli urti della storia ( crisi postbellica, emigrazione, modernità), poiché si fondava su due fragilità: da un lato quella di una borghesia agraria che per quasi due secoli aveva esercitato un ruolo di potere ma non di egemonia, ed ora è nella fase terminale del sua dissolvenza; dall'altro quella del ceto contadino che da fine Ottocento aveva conosciuto una lenta fase di ascesa , ma in una dimensione economica esclusivamente legata all'autoconsumo. I personaggi della narrazione (galantuomini, contadini e artieri) appaiono come fantasmi del vecchio mondo. Essi hanno perduto la memoria del loro passato, collettivo e individuale, il senso della realtà e ogni prospettiva di futuro e per questo si perdono nelle loro futilità. Il romanzo è di viva attualità poiché rispecchia pienamente la realtà del Molise odierno dove le futilità di Kalurana sono quelle raccolte dalla penna sarcastica di Rossano Trurzo nella cantina di Iammacone (Il Bene Comune).

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  18. Cerco da tempo questo libro. Dove posso comprarlo?

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  19. Purtroppo non sono più in vendita c'è da sperare di trovarlo in un mercatino dell'usato...

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