giovedì 5 marzo 2020

A dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 20 febbraio 2010, l'illustre studioso molisano Renato Lalli è stato commemorato al Circolo Sannitico di Campobasso da un gruppo di intellettuali e amici




Pubblichiamo qui - tra gli altri - il ricordo personale di  Rita Frattolillo,  che lo ebbe come collega all'Istituto Magistrale di Campobasso 



Le mie parole di oggi sono come passi leggeri e sospesi nella memoria, quelli che calcavano le aule dell’istituto magistrale di Campobasso dove Renato e io ci siamo conosciuti, come colleghi. E’ li che si intrecciano i  ricordi, scalando il respiro del tempo.
Era la fine dei mitici ‘60, io ero nel Molise da poco, ed ero una giovane docente del magistrale. Con occhi nuovi cercavo di comprendere la realtà che mi circondava, di captarne il flusso vitale, e di Campobasso, città dove risiedevo e risiedo tuttora, il genius loci, nell’intento di condividerne la storia, di coglierne l’identità.

La mia era una ricerca delle radici che in parte sentivo familiari, essendo io di origine campana. E, appunto in quell’istituto, ho avuto la buona sorte di essere collega di Renato, docente riservato, attento e scrupoloso, che non si risparmiava per i suoi studenti, un gentiluomo di altri tempi.

Prima ancora di incrociarlo fisicamente per i corridoi, ne avevo già sentito parlare: era stato preceduto dalla sua fama di studioso infaticabile, particolarmente attivo nell’indagare il Molise contemporaneo  ᅳ andando a ritroso fino al Medioevo e oltre ᅳ sotto l’aspetto storico-letterario, economico-politico e antropologico. Partecipava a convegni di studi nazionali, ne teneva di suoi, collaborava a riviste e giornali, offriva consulenze. Mi rivolsi a lui, dunque, quando era da poco uscito il suo Il Molise tra storia e leggenda (1966). Mi sono immersa incantata nella lettura di quelle leggende e tradizioni fiorite nel tempo antico, un intreccio inestricabile di realtà, storia  e immaginazione, una dimensione quasi onirica e a tratti tinta di sacralità: mi sfilavano davanti agli occhi le  figure di monaci, banditi, ninfe, dei santi che per ospitare i loro resti  avevano scelto paesi some Sepino, Larino; e poi  storie ingenue e commoventi di fanciulle oneste e principesse tristi raccontate da un Renato cantastorie.

Assorbendo quelle vicende, ho attraversato i secoli, ne ho percepito il fragore, ho percorso col pensiero quella rete sottile e tenace che congiunge indissolubilmente  storia, tradizioni, territorio e popolo,  e probabilmente è anche grazie a quel prezioso volume ᅳ che tengo tra i miei più cari – che mi  è cresciuta la spinta ad approfondire, a saperne di più sul ricco patrimonio del Molise.

E infatti da allora non mi sono più fermata nella ricerca a largo spettro sui personaggi,  sui luoghi emblematici di certi eventi storici o leggendari, sul patrimonio dialettale, e di tutto questo sarò sempre riconoscente a Renato per avermi aperto le porte, per avermi svelato quel mondo incontaminato, genuino, impastato di buoni sentimenti e buona creanza, orgoglioso e fiero del proprio passato.

Nel volgere degli anni Renato ha continuato a scandagliare il Molise, producendo una quantità enorme di titoli di grande spessore e valenza, spaziando da figure significative portate alla luce, come Zurlo, Ricciardi, Galanti, Longano, Tagliaferri, Pepe, Cuoco, D’Ovidio, fino ai risvolti delle dinamiche economico-politiche che hanno segnato il cammino della nostra regione.
Continuando a seguire il suo generoso operato, in cui è stato affiancato senza riserve dalla devota, cara  Rosamaria Camposarcuno, che ho conosciuto e ho avuto modo di stimare ᅳ anche lei docente  appassionata ᅳ ho trovato conferma del fatto che Renato aveva sin da subito l’intento di contribuire a dare spessore all’identità del Molise, una terra molto travagliata, come sappiamo, dal punto di vista territoriale e politico.

In questo senso l’intento e il lavoro di Renato me lo facevano considerare nella stessa linea tracciata nell’Ottocento dall’avvocato Pasquale Albino (1827-1899), proseguita  da Giambattista Masciotta (1864-1933), Berengario Amorosa (1866-1937) ed Eugenio Cirese (1884-1955).
Il prof Renato Lalli con costanza, umiltà e grande spirito di servizio ha dedicato tutta la sua vita e le sue energie migliori a questa terra, istituita  finalmente come regione, (nel 1963) dopo lunghe battaglie e molti contrasti politici; ricordo solo che ancora nel 1958 ai problemi del suo riconoscimento come regione si intrecciò la minaccia di deviare le acque del Biferno verso la Campania. Nessun  aspetto storico, politico, economico, sociale è rimasto in ombra, tutto è stato dragato, e mi viene a mente tra le altre pubblicazioni il volume della Samnium 1989 Dalla “Provincia di Molise”( decretata nel 1806 da Giuseppe Napoleone re di Napoli e della Sicilia) alla Ventesima Regione-Storia, atti, dibattiti, documenti, che è uno dei tanti pilastri eretti da Lalli per la conoscenza approfondita di questa terra...

Nell’ampia visione storica di Lalli, tout se tientperché Jovine  ha riportato il Molise nella Storia riallacciando il suo Viaggio nel Molise ai grandi riformatori;  perché Lina Pietravalle nella sua opera ha creato una precisa individualità del Molise arcaico, genuino, il suo Sannio mistico;  perché l’emigrato sindacalista Arturo Giovannitti, difensore dei diritti degli italiani in America, ha sottolineato come fondamento della vita molisana la fatìa contadina, nostalgicamente rievocata nella “Nenia sannita” , che lui aveva sentito nelle campagne di Ripabottoni quando era piccolo.

Una parola in più la vorrei spendere proprio sulla sintonia tra lo storico Lalli e la scrittrice Lina, fondata sull’amore totale, viscerale ᅳ ma  non per questo meno intransigente ᅳ per la terra di Molise, amore che ognuno ha espresso con il suo lessico personale; anche se, come osservò acutamente Rosamaria Lalli, l’amore di Lina si nutriva di nostalgia, mentre quello di Renato si sostanziava della volontà di costruire un’identità molisana attraverso la conoscenza e la diffusione della storia e delle tradizioni.

E infatti il rigoroso saggio filologico di Lalli incluso nel cofanetto (editato  postumo nel 2013 da Claudio Di Cerbo) che ospita l’intervista “impossibile”  di Gabriella Jacobucci con la scrittrice Salcitana, colpisce anzitutto per la capacità di Renato di cogliere, leggere dall’interno la produzione letteraria della Pietravalle; al punto che il saggio diventa un canto a due voci in perfetta sintonia.
Ma soprattutto egli penetra nei nodi storici, ambientali ed etno-antropologici offerti dalla scrittura della Pietravalle. Questo dà allo storico lo spunto e l’occasione per punteggiare e approfondire la pagina letteraria trovando affinità, richiami e paralleli con momenti e aspetti della storia del Molise e con gli scritti di altri intellettuali, da Longano a Giovannitti a Jovine a Cirese a Leopardi, in un’analisi ad ampio raggio e di grande respiro.

Vorrei chiudere ricordando l’ultimo dono offerto al Molise da Renato, quando ha espresso il desiderio di destinare le sue carte ai molisani, desiderio che Rosamaria, sua amorevole e instancabile compagna di ricerche, ha esaudito, e ha messo ancora una volta le mani  tra quelle carte. Esse rappresentano un ulteriore atto di generosità e amore dell’uomo e dello studioso verso il quale tutti noi sentiamo di avere un forte debito di riconoscenza e che vorremmo non fosse mai dimenticato.
Rita Frattolillo




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