lunedì 18 novembre 2019

L’Almanacco del Molise un patrimonio di informazioni storiche… e la pessima abitudine di non citare le fonti




L’Almanacco del Molise, dal 1969, racchiude uno scrigno di ricerche eccezionali. Iniziato come un Almanacco vero e proprio, grazie agli studiosi che hanno offerto le loro ricerche, ha preso ben presto una strada ben più ragguardevole, divenendo, in questi lunghi anni, la “bibbia” di tutta la ricerca molisana. 

Studiosi di fama - sollecitati da Enzo Nocera, primo editore -  hanno, infatti, dato il loro contributo alla storiografia di questa regione. Tra questi possiamo annoverare Renato Lalli, Gigino Biscardi, Alberto Maria Cirese, Francesco Colitto, Franco Valente,  Antonino Di Iorio, Raffaele Colapietra, Renata De Benedittis, Gennaro Morra, Uberto D’Andrea, Angelo Viti, Norberto Lombardi, Michele Colabella, Lino Mastropaolo, Gianfranco De Benedittis, etc…
Stupisce che questa mole di informazioni viene poco consultata, e questo perché, spesso, anche gli addetti ai lavori non sanno che Giorgio Palmieri e Antonio Santoriello catalogarono queste ricerche per renderle più fruibili pubblicando varie guide ragionate sulla bibliografia molisana.

Infatti, capita talvolta che nemmeno i bibliotecari, soprattutto se giovani, sappiano di queste importanti e preziose guide che permettono a qualsiasi ricercatore, piccolo o grande che sia, di scoprire fatti e personaggi della propria storia regionale raccontati da insigni ricercatori del luogo. Sarebbe fondamentale che, ogni biblioteca, formasse il proprio personale per consentire la consultazione di questi cataloghi soprattutto agli insegnanti e ai loro alunni. 

Scrivo questo perché non molto tempo fa mi è capitato di constatare quanto sia poco conosciuto questo importante materiale storiografico raccolto nell’Almanacco. Persino da persone che, sia per professione sia per carica che occupano, dovrebbero invece esserne informate.

PERCHE' NON SI CITA LA FONTE?

L’altro tasto dolente è che quelli che lo consultano dimenticano poi quasi sempre di citare la fonte e strombazzano come primizia una notizia che magari era stata inserita da anni. E, proprio per fare un esempio concreto, prendo la storia dell’anarchica molisana Maria Ciarravano.

Nel lontano 2010 l’amica Annamaria Cenname mi disse del materiale che aveva raccolto su questa importante figura dell’antifascismo. Decidemmo di scrivere la sua storia e Antonio Santoriello che curava l’Almanacco del Molise 2011 — quell’anno dedicato al Ventennio fascista nel Molise — lo pubblicò con il titolo “Maria Ciarravano. Vita di un’anarchica molisana” (pp. 249-264).

Maria Ciarravano, nata a  Salcito nel 1904, si era trasferita con la famiglia a Roma e nella nuova città conobbe il futuro marito, un anarchico pugliese, Sergio Di Modugno, che la indottrinò e la sposò. Ma ben presto, per la sua vita sovversiva, Di Modugno fu costretto a rifugiarsi a Parigi dove gravitò intorno ai fuorusciti italiani capeggiati dal sindacalista pugliese Giuseppe Di Vittorio. A Parigi Di Modugno chiese più volte al consolato italiano un visto per far giungere a Parigi anche la moglie e il figlioletto di pochi anni. Dopo l’ennesimo diniego da parte del Consolato, Sergio Di Modugno, esasperato, uccise il console. Un delitto che cambiò la vita dei due coniugi.

Il saggio, dove indicavamo anche una ricca bibliografia, ci costò, come si comprende, molto lavoro di ricerca e di scrittura. Chi si sarebbe lanciato successivamente su questa interessante storia avrebbe già trovato il piatto pronto. 

Racconto questo perché un ricercatore, il saggista Massimiliano Marzillo, che ha insegnato all’Università del Molise, si è concentrato sulla figura del marito della Ciarravano e del sindacalista e deputato Giuseppe Di Vittorio per raccontare l’antifascismo in Puglia e nel Molise. Tutto bene, anzi un magnifico lavoro se non fosse che alla stampa locale il suo libro, pubblicato nel 2019, è stato presentato come la scoperta di una figura anarchica femminile molisana di primo piano di cui non s’era mai parlato in regione.

Quello che è deprecabile è che la stampa locale, incapace di consultare appunto l’Almanacco o di farsi un giro su internet, dica che nessuno si è occupato prima di questa figura, ma è inammissibile che addirittura due organismi culturali regionali quali l’Iresmo e l’Associazione “Vincenzo Cuoco” abbiano avallato questa tesi, ignorando le ricerche autorevoli proprio sull’antifascismo dell’Almanacco del 2011.

Il malcostume delle non citazioni in genere è dilagante. Molti dimenticano che ogni vero scrittore è seduto su una montagna di libri altrui  — cito Carofiglio — per cui dare a Cesare ciò che è di Cesare nel mestiere dello scrivere è un bel comportamento che dovremmo seguire tutti. Non è citando la fonte che si sminuisce il proprio lavoro, anzi.

Barbara Bertolini



3 commenti:

  1. Gabriella Iacobucci6 luglio 2020 alle ore 07:10

    Un applauso a Barbara Bertolini, e non solo per averci fatto scoprire questo autore e questo pezzo di storia. Condivido pienamente infatti le sue considerazioni sul rispetto del diritto d'autore e la rimgrazio per aver messo in evidenza,con la schiettezza che la contraddistingue, un vecchio problema di malcostume italiano.

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  2. Massimiliano Marzillo è un professore di grande onestà intellettuale e gradirei che non si mettesse in dubbio la sua professionalità ma soprattutto la cura e la passione che ha investito nella stesura del suo libro!

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  3. Nessuno mette in dubbio le qualità del libro, anzi, pieno apprezzamento per il lavoro del professore. Quello che ribadiamo è che la storia della Ciarravano era già stata scritta 8 anni fa ed era giusto menzionarla. Annamaria Cenname, Barbara Bertolini

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