di Mariolina Perpetua
.... che ricorda un eclettico letterato molisano
Il mio
incontro con Franco Ciampitti letterato e narratore è avvenuto nella scuola,
nei tempi in cui, in qualità di docente di Scuola Media, ho scelto di far
leggere agli allievi gli autori molisani. Mi sono sempre avvalsa del principio
che la conoscenza del proprio territorio e di chi contribuisce a farlo conoscere fossero le premesse da cui
partire per un discorso didattico
storico-geografico-ambientale. Narratori e poeti molisani sono stati, perciò,
punti di riferimento per approfondimenti ed indagini sul campo.
Franco Ciampitti è, infatti, un profondo conoscitore della sua terra che
ha imparato ad amare ed apprezzare fin da bambino, un narratore
accorto e sensibile, che ha grandi capacità descrittive e che, al contempo, sa
cogliere e ritrarre drammi umani e problemi sociali.
Nelle pagine della maturità la sua narrativa assume un “respiro corale” nel ritrarre il mondo agro-pastorale della transumanza che soffre il disagio delle trasformazioni socio-umane, ma che sa ancora conservare e tramandare valori e tradizioni. Una generazione di pastori in estinzione che, abituata “ad un periodico movimento” e temprata al sacrificio, non teme il duro lavoro, anzi nutre la speranza di un futuro migliore anche per chi vive in paesi di alta montagna, dove sicuramente la vita è più difficile (Il tratturo 1968). Sono gli stessi paesi, questi, orgoglio e ricchezza del Molise, che vengono rivisitati nel ricordo infantile de “Il grande viaggio” (1971).
Nelle pagine della maturità la sua narrativa assume un “respiro corale” nel ritrarre il mondo agro-pastorale della transumanza che soffre il disagio delle trasformazioni socio-umane, ma che sa ancora conservare e tramandare valori e tradizioni. Una generazione di pastori in estinzione che, abituata “ad un periodico movimento” e temprata al sacrificio, non teme il duro lavoro, anzi nutre la speranza di un futuro migliore anche per chi vive in paesi di alta montagna, dove sicuramente la vita è più difficile (Il tratturo 1968). Sono gli stessi paesi, questi, orgoglio e ricchezza del Molise, che vengono rivisitati nel ricordo infantile de “Il grande viaggio” (1971).
Ebbene le pagine di questi due lavori sono un tesoro di descrizione
paesaggistica e di ritratti umani – il
viaggio si svolge da Isernia e Capracotta ̶ . Attraverso il racconto di Ciampitti è
facile ricostruire luoghi
e situazioni dell’inizio Novecento.
Lo scrittore, nato ad Isernia nel 1903, aveva 5 anni quando
intraprende la grande avventura; e davvero di una grande avventura doveva
trattarsi per un bambino di quella età: il percorso era piuttosto vario sia dal
punto di vista paesaggistico che della locomozione. Il viaggio, infatti, si
svolge in parte in treno, in parte in
diligenza. Vi era all’epoca una via
ferrata che si inerpicava per i tornanti
dei monti dell’Alto Molise, le cui rotaie sono ancora visibili in un tratto
che, dopo Staffoli, svolta verso Agnone.
Lo scrittore è diretto a Capracotta e la diligenza li attende a Carovilli. Lo stupore per il treno, dei suoi scomparti e dei servizi (uno stanzino tutto bianco…. Un fontanino vero con l’acqua corrente….) si confonde con l’emozione che suscita la visione del paesaggio (“Vedevo finalmente da vicino le montagne, il regno delle foreste e delle nevi, dove stavano i lupi ed i briganti…, dove mi sarebbe piaciuto vivere con i cavalli, con i cani, con le volpi, con le lepri, con le faine”..). Stupore infantile attraverso il ricordo rinnovato di chi continua a frequentare e vedere sempre con la stessa immutata meraviglia quei luoghi cari e familiari. Nel viaggio con la diligenza, certamente meno piacevole per l’esiguità dello spazio in cui si era stipati, indulge sapientemente nella descrizione dei personaggi d’epoca. Volti austeri: aspetto burbero, il signore dalla barba caprina, infastidito da un bimbo irrequieto; con intenzioni “pacificatrici”, invece, la signora, né giovane né vecchia, con uno strano abbigliamento, che certamente rimanda a tempi andati (“un velo copriva il viso- pallidissimo per quel poco che si intravedeva”, e che rivela un pudore ormai perduto - ed il suo abbigliamento, in particolare, “portava sulla testa un cappellino con la metà di uno stranissimo uccello” – uccello che il nostro non aveva mai veduto sui tetti della chiesa e nel giardino di S. Chiara prospicienti la sua casa - ….”), ma più tenera e comprensiva (la sua “voce dolcissima”) di fronte ad una situazione di vero rifiuto della difficoltà del viaggio manifestata rumorosamente e con impertinenza dal piccolo Ciampitti, il “citro”.
Lo scrittore è diretto a Capracotta e la diligenza li attende a Carovilli. Lo stupore per il treno, dei suoi scomparti e dei servizi (uno stanzino tutto bianco…. Un fontanino vero con l’acqua corrente….) si confonde con l’emozione che suscita la visione del paesaggio (“Vedevo finalmente da vicino le montagne, il regno delle foreste e delle nevi, dove stavano i lupi ed i briganti…, dove mi sarebbe piaciuto vivere con i cavalli, con i cani, con le volpi, con le lepri, con le faine”..). Stupore infantile attraverso il ricordo rinnovato di chi continua a frequentare e vedere sempre con la stessa immutata meraviglia quei luoghi cari e familiari. Nel viaggio con la diligenza, certamente meno piacevole per l’esiguità dello spazio in cui si era stipati, indulge sapientemente nella descrizione dei personaggi d’epoca. Volti austeri: aspetto burbero, il signore dalla barba caprina, infastidito da un bimbo irrequieto; con intenzioni “pacificatrici”, invece, la signora, né giovane né vecchia, con uno strano abbigliamento, che certamente rimanda a tempi andati (“un velo copriva il viso- pallidissimo per quel poco che si intravedeva”, e che rivela un pudore ormai perduto - ed il suo abbigliamento, in particolare, “portava sulla testa un cappellino con la metà di uno stranissimo uccello” – uccello che il nostro non aveva mai veduto sui tetti della chiesa e nel giardino di S. Chiara prospicienti la sua casa - ….”), ma più tenera e comprensiva (la sua “voce dolcissima”) di fronte ad una situazione di vero rifiuto della difficoltà del viaggio manifestata rumorosamente e con impertinenza dal piccolo Ciampitti, il “citro”.
Quando finalmente è “a cassetta”, però,
“un senso di felicità luminosa cominciò ad invadermi”…. – dice il nostro autore
– e ci trasmette l’ebbrezza della libertà conquistata. Si potrebbe continuare con mille altri
riferimenti e con altri personaggi; il nonno, Giacomo ed il suo aiutante,… vengono
fuori con naturalezza, senza artificiosità, sono tutti al posto giusto e nella cornice
ambientale appropriata, descritti con prosa fluida e vivace. L’onda dei ricordi
e delle emozioni invade quei luoghi abituali, tante volte rivisitati con la mente e con il cuore.
E cuore F. Ciampitti mette anche nel suo
romanzo più famoso “Il tratturo”,
dove, come accennato, l’Alta Montagna, il costume delle sue genti e lo sfondo
naturalistico imperano sovrani. Le pagine dedicate ai pastori sono descrizioni
attente, particolareggiate di chi conosce
e riconosce propri luoghi e storie. “Aprire il recinto appena il sole ha
asciugato l’erba…, camminare piano con la mazza di ornello……., con la tasca di
tela a tracolla.., un pane scuro.. , un pezzo di cacio salato…Camminare e
pensare… Mangiare e pensare..” Ed i
cani, il lavoro da fare, i Massari, le loro diverse attività. Tutto ha un
ordine, una cronologia, una consequenzialità secondo le tradizioni consolidate.
In questo mondo attivo l’autore fa protagoniste anche le donne “sempre in
faccende”..tante, tutto il giorno per tanti giorni, donne che lavorano ed
aspettano, stanche di fatiche e di attese. Eroine, che lo scorrere del tempo
non distrugge e che la speranza
fortifica. La buona stagione riporterà i loro uomini. Si respira un’aria epica, quasi dannunziana,
in queste pagine di elevato livello classico,
che è proprio di chi sa
partecipare agli altri ciò di cui parla, in quanto parte della propria
storia e della propria tradizione.
Un autore da riscoprire, dunque, Ciampitti, perché maestro di stile, un modello
da proporre ai giovani, per la
valorizzazione del territorio, per la
sapiente capacità descrittiva, per lo stile classico, per la capacità
dialogica, che tramuta nella scrittura l’oratoria alta e solenne, che gli è
propria. Per “Il tratturo” ed altre opere F. Ciampitti ha conseguito ampi consensi di critica,
ottenendo diversi premi.
Isernino doc, realizza presso il Liceo
Ginnasio “O. Fascitelli” e a Campobasso i suoi studi e dopo essersi laureato in
giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli consegue altri
importanti titoli accademici presso Università italiane. Matura la prima
formazione attraverso l’attività giornalistica ed è inviato speciale in Italia
ed in molti paesi d’Europa anche per servizi radiofonici. In quel periodo si
interessa molto di sport e da quella
esperienza nasce “Novantesimo minuto”
che gli consente di ricevere il 1° Premio in un concorso nazionale nel 1933. Dopo
la guerra continua a collaborare a quotidiani, periodici e riviste varie. Ad
Isernia svolge a lungo la brillante
professione di avvocato (T. Sardelli - Narratori Molisani - ).
Grande affabulatore, mi lega a lui,
oltre l’interesse per i lavori, un
piacevolissimo ricordo. Presente al mio matrimonio, amico comune delle famiglie, non risparmiò encomi ai genitori e agli sposi, mettendo in risalto “le
caratteristiche prettamente mediterranee” della sposa (i colori degli occhi e dei capelli). Come
era nel suo stile colpì tutti per la
sapiente, forbita parola.
Mariolina Perpetua
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