Sabino D’Acunto
Una manciata di miglio e altri racconti
Editrice Lampo, 1988
(Testo e domande proposti da Rita Frattolillo)
p.23
La Maestrina Vandra
La scena si ripeteva ogni lunedì. Alle prime case del villaggio, poco più in là del ponte sul fiume, la ragazza scendeva dalla corriera e, impacciata a tener nelle mani la valigetta, il cappottino, la borsetta e qualche libro, entrava di filato nel piccolo ufficio postale mentre la corriera riprendeva la sua corsa.
Era maestrina di Vandra. Me lo disse qualcuno commentando la vita disagiata di tante giovani maestre costrette a raggiungere borgate talvolta sperdute fra i monti e lontane da casa.
Ogni lunedì, infatti, la maestrina scendeva dal treno che da Campobasso la portava a Isernia e qui prendeva la mia stessa corriera per raggiungere la sua scuola. Un tran-tran cui non era possibile sottrarsi se voleva passare la domenica in famiglia.
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Un lunedì la maestrina di Vandra non si presentò alla partenza della corriera a Isernia. Né più la vidi nei lunedì successivi. Pensai che fosse malata. Passarono così tre settimane e della mestrina non si seppe più nulla. Certamente, pensai, era stata trasferita altrove.
Il ricordo della giovane insegnante era, intanto, sempre vivo in me. Un lunedì piovoso e freddo, costretto a fermarmi al villaggio per un guasto alla traballante corriera, sentii improvviso e insopprimibile il desiderio di vedere la scuola dove avevo immaginato tante volte la mia maestrina far lezione ai suoi piccoli allievi. Chiesi ad una donnetta di indicarmi la scuola. Quella, dapprima mi squadrò ben bene da cima a fondo, poi con un improvviso e largo sorriso mi disse: “Oh, finalmente, siete arrivato! Sono venti giorni che la maestra vi attende!”
p.25 […]In cima alla scala si apriva una porta. La donna la raggiunse svelta e gridò: “Signora maestra, signora maestra, è arrivato l’ingegnere!”
“Un momento… io non sono…”. Ma chi ti ascoltava? Al richiamo della donna apparve sull’uscio una signora dal volto tondo e grassoccio, la maestra certamente, la quale mi accolse con un “Oh!” prolungato e stentoreo che suonava meraviglia e rimprovero insieme.
[…]Capii subito che quel vulcano di donna era la nuova maestra di Vandra la quale attendeva la visita, o meglio un sopralluogo, di un tecnico del Genio Civile di Isernia chi sa mai quante volte sollecitato per i restauri necessari alla scuola. E mi fu anche abbastanza chiaro che le due donne, vedendo uno sconosciuto che cercava della scuola, erano cadute nell’equivoco.
p.26 […]Seguii così senza pensarci due volte la maestra che mi introdusse in uno stanzone buio, freddo, umido fino a mostrare le pareti lucide d’acqua. Qui, pensai, aveva insegnato la mia maestrina… Ed io che avevo immaginato una piccola scuola ridente, piena di sole.
“C’è tutto da rifare qui!”, tuonò la maestra. “Non so proprio come abbia fatto a resistere la giovane collega che mi ha preceduta in questa topaia!”
“Ah!”, feci inavvertitamente. “Non c’è più quella signorina, vero?...”
“Si è sposata ed ha lasciato l’insegnamento, beata lei!”, rispose sparendo per un attimo nel vano accanto richiamata dal baccano infernale degli alunni.
[…]Avevo finalmente saputo il motivo per il quale la maestrina non si era più vista sulla sgangherata corriera. Si era dunque sposata. Non saprei davvero dire se quella notizia mi arrecasse più sorpresa o disappunto. Forse entrambe le cose. La maestra, intanto, ritornata dopo aver sedato il clamore degli alunni, mi invitò a seguirla nell’altro vano. Appena entrai gli scolaretti si alzarono in piedi e questo mi mise in un evidente imbarazzo. “Comodi, comodi”, mi affrettai a dire, ma solo ad un perentorio ed energico “Seduti!” della signora quelli ubbidirono.
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