Dal convegno di Casacalenda del 26 maggio 2012
Sheryl Lynn Postman è la seconda (foto Kerem) |
Per chi non mi conosce, io sono Sheryl Lynn
Postman, la moglie di Giose e, a volte, la sua critica letteraria. Oggi
mi è stato chiesto di parlare di Giose proprio in veste di critica e moglie:
in piccola parte, due facce della stessa medaglia.
La prima volta che Giose mi ha condotto a
Casacalenda, nel secolo scorso, era per la festa di San Onofrio: anno
1976. Da quel momento in poi, ogni volta che noi veniamo in Italia, ci fermiamo
sempre nella sua terra, a Casacalenda,
Molise. Per Giose, la funzione di questa regione emerge risaltando
nitidamente come il corpo e il cuore del suo essere.
Giose ed io ci siamo conosciuti quasi trentotto
anni fa, quando ho iniziato le mie lezioni post laurea di letteratura spagnola
all'università di NY ad Albany. Fin dall'inizio, siamo stati amici.
Quando ho finito i miei studi ufficiali con il titolo di Ph.D. nel campo
principale della letteratura spagnola e del secondo campo, quello della letteratura italiana, ci siamo sposati
... 24 anni fa. La mia acquisizione di un titolo accademico, non lo scoraggiava, anzi lo sollevava perché
Giose ci teneva a vedermi camminare con le mie proprie gambe, indipendente come
donna e persona. Lui voleva condividere la vita con me e non
controllarla.
Essendo moglie, molte persone, soprattutto gli
uomini, diranno che la funzione principale di una consorte è criticare il
marito; non lo è, anche se, a volte, così sembra. Ma non sono qui per cambiare
l'opinione di nessuno. All'inizio di queste poche parole ho già detto che Giose
ed io ci siamo conosciuti all'università. Quest'è importante perché, con
gli anni, io sono diventata cattedratica di letteratura spagnola e italiana. La
mia funzione d'universitaria, a parte insegnare, è costruire la critica
scolastica della letteratura.
Capita che nel campo della letteratura italiana io
faccia la valutazione dell'opera di Giose, avendo scritto più di tredici saggi
stampati in riviste americane, canadesi e italiane. Ho anche pubblicato due
libri sul suo lavoro: uno sulla sua letteratura in italiano e
l'altro, appena uscito in America, sulla sua in inglese. Che cosa vuol
dire? Vuole dire che Giose non può fuggire da una opinione femminile e,
soprattutto, da quella della moglie: la critica lo circonda.
Dallo scrittore ho imparato dell'uomo; e dall'uomo
ho studiato lo scrittore. Ho letto tutta la sua opera e ho visto che c'è
un tema prominente in tutto: l'abuso politico dentro del potere dominante
del giorno.
Questa potenza illecita può esistere in Italia o in America; è di ieri o di oggi. Può essere anche nel campo della politica attuale (iniziando con il suo 1º romanzo, Tiro al piccione, e anche apparendo nell'ultimo, Il viaggio); sociale (chiaramente vista nella narrativa Peccato originale e nel suo inedito, La terra dei padri); dell'immigrazione (mostrata in Molise Molise e soprattutto nel romanzo Familia); la politica delle case editoriali (come ne Il mestiere del furbo); oppure, la politica dell'uguaglianza della donna (osservata in Graffiti e il suo romanzo in inglese Accademia). Inoltre, esiste un itinerario metafisico del mondo attuale in cui tutti noi viviamo. Quest'autore ci indica una strada che ci trasporta, come Virgilio per Dante, ad un altro universo per poter sperimentare quegli abusi aggressivi. Attraverso la sua produzione letteraria, noi, i lettori, lo accompagniamo nel suo viaggio orfico e lui riporta alla luce la realtà oscura del mondo contemporaneo per poter vedere, alla fine, la luminosità del nuovo giorno.
Dell'uomo, posso dire, con certezza, che Giose è
un considerevole sopravvissuto. Per provarlo, basterebbe leggere la sua
opera. Tutti i suoi personaggi (oppure l'alter ego di lui) superano gli
orrori della vita. Queste crudeltà sono: la guerra civile (Marco Laudato in Tiro al
piccione), la povertà (la famiglia
Neri in Peccato originale),
l'ignoranza storico-politica (Massimo
Niro in Una posizione sociale),
il fanatismo razziale (Simone Donato
in Detroit Blues); la guerra civile
tra i sessi (Piero Lapulce in Graffiti e Simon Dona in Accademia);
e la politica contemporanea che impedisce la libertà dell'individuo (Giose Rimanelli in Molise Molise).
Ma Giose, la persona, va persino oltre i suoi
personaggi letterari. Lui supera la tortura dei nazisti e riesce anche a
fuggire da loro; sopravvive alla prigione degli americani, e di nuovo,
scappa. Nel mondo letterario italiano degli anni 50, lui corre via del
controllo asfissiante delle case editoriali. Si allontana dall'Italia,
lasciando da parte la fama internazionale, e si ristabilisce in America
ottenendo, ancora una volta, una nuova celebrità, senza mai dimenticare le sue
radici.
Giose, anche se che vive negli Stati Uniti, non è
uno scrittore italoamericano nel senso tradizionale. Lui parla della
famiglia, ma questa serve come fonte d’ispirazione per un tema più importante:
la società che lo circonda e la realtà del momento con la quale noi tutti
ci confrontiamo. Non discute del dibattito costante che esiste tra le generazioni
dei ragazzi nati all’estero (la seconda generazione) e degli immigrati (la prima),
e non parla della sua brutta esperienza d’immigrato perché, prima di tutto non
è mai emigrato, e secondo, quando è arrivato in America era su richiesta del
governo americano come lettore di italiano alla Biblioteca Nazionale della
nazione. E’ uno scrittore che comunica dei temi universali usando il linguaggio
che più conviene alla sua opera di quel momento: l'italiano, il dialetto
casacalendese o l'inglese. La sua cultura letteraria trascende le
frontiere geografiche. Quindi, io direi che lui è il legame tra la letteratura italiana e quella
italoamericana.
E, in più, è un artista della fuga. Come
tutti voi sapete, questa caratteristica di salvarsi da una situazione malevola
o spiacevole, inizia con il suo abbandono del seminario, si ritrova quindi
coinvolto nella guerra civile, uscendone indenne, e poi scappa, come ho già
menzionato, dalla politica letteraria italiana.
Per farvi capire fino a quale punto lui è artista,
vi racconto una piccola cosa che gli è successa recentemente.
Diciassette mesi fa, Giose è stato vittima di
grave incidente. E’ caduto dalle scale (da quasi un'altezza di un metro)
battendo fortemente la testa sul pavimento. L’abbiamo portato in ambulanza
al vicino ospedale. I medici, credendo che fosse necessario operarlo per
alleviare la pressione del cranio, hanno deciso di mandarlo, in ambulanza, in
un altro ospedale più grande e molto più famoso: quello di Brigham and
Women's dell'Università di Harvard.
In quel posto, mi ha detto che, tra tutti i
problemi che la caduta gli ha causato al cervello, lui s'è rotto anche la
testa, la faccia, eppure … il sedere.
A un certo punto sono dovuta andare fuori a
chiamare la mia famiglia per un po' d'appoggio morale. Prima d'uscire, ho
parlato con l'infermiere spiegandogli la storia personale di Giose ovvero che durante
la guerra è stato preso e torturato, prima dai fascisti e poi dai nazisti, in
una guerra che lui non capiva; è riuscito a scappare da tutti e due per essere
poi catturato dagli americani, ma che nel viaggio verso l’Africa, Giose è riuscito
a fuggire anche da loro. Ho detto
che secondo me in quel posto di emergenza per mio marito non sarebbe
stato difficile scappare. L'infermiere mi ha assicurato che sarebbe stato
impossibile per Giose alzarsi del lettino con tutte le ossa rotte e
andarsene via. Sono andata fuori per tre minuti ... solamente tre minuti,
e quando sono rientrata, ho visto tutto il personale dell'ospedale intorno a una
persona caduta per terra. Tutti quanti in quel luogo (più di cinquanta
persone) sono venuti in aiuto per fare alzare quella persona dal pavimento: era
Giose, che tentava l’ennesima fuga.
La storia non finisce qui. I medici, per le
tre settimane che Giose è rimasto in ospedale, non mi davano molte speranze di
progresso. Infatti, si meravigliavano che lui, a quasi 85 anni d'età,
fosse sopravvissuto alla caduta, figuriamoci al ricupero. Secondo i
medici una persona della sua età non riesce a superare un incidente così forte.
All'inizio, per un periodo di sei mesi circa, soffriva d'afasia eppure non riconosceva
niente e nessuno, neanche me. C'era, anche, un'infermiera che insisteva dicendomi
che per lui era necessario il soggiorno in una casa di cura dove avrebbe avuto
un aiuto 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. L’ho guardata, e le ho
detto che lei non conosceva mio marito. Se lui è sopravvissuto ai nazisti
e alla tortura, poteva benissimo superare anche questo. Non so ancora se
questo lo avessi detto per convincere lei o me stessa.
Il viaggio, come dice Giose in una sua poesia, è
stato lungo, "lunnnnngo da camminare." Una volta, tanti anni
fa, ho chiesto a Giose qual è il suo verso preferito della Divina Commedia,
sapendo l'importanza di quest'opera nella sua vita. Mi ha risposto che è
l'ultimo dell'Inferno, quello che dice: "E quindi uscimmo a riveder le
stelle." Quelle parole riverberano alla fine di Tiro al piccione. Marco Laudato, ritornato a casa, riconosce
che la guerra è finita e che lui deve rinascere umanamente dopo la sua
esperienza orribile: "... e adesso sapevo che era necessario tornare in
mezzo alla gente, vestito con i miei panni civili, e vivere finalmente per una
ragione." Per entrambi i protagonisti il viaggio attraverso l'inferno
è finito, e adesso un altro inizia.
Ed
eccolo riapparso qui, a Casacalenda, Molise. Marco Laudato, fuggito e guarito
ancora da una grave situazione fisica, psicologica ed emozionale per
"vivere finalmente per una ragione" e per stare davanti a voi per
"riveder le stelle."
Sheryl Lynn Postman
Ringrazio Molise d'Autore per aver messo questo bellissimo intervento, emozionante, divertente, dotto e pieno di umanità. Brava Sheryl Postman hai dimostrato di essere un'eccellente critica, ma anche una moglie con i fiocchi!
RispondiEliminaPer noi espatriati, emigrata con i miei a nove anni in Canada,e grazie a mio padre che m'introdusse e fatto conosciere Giose Rimanelli e i suoi scritti. Felicissima che sia stato onorato questo nostro scrittore di fama mondiale. Casacalenda ha dato dei tantissimi artisti, forse "l'aria fina di Casacalenda" ha ispirato i suoi natali e la Signora Postman ci ha regalato una brillante prospettiva del nostro Giose Rimanelli.
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