di
Barbara Bertolini
Sono
capitata su ”La Morgia indiscreta” di Elvira Delmonaco Roll per puro caso. Ero
alla Mondadori di Campobasso e stavo scegliendo libri per bambini quando il mio
sguardo è stato attratto dall’immagine della copertina di uno dei libri
esposti: la Morgia di Pietracupa. Qualunque cosa avesse scritto l’autore di
quel libro l’avrei comperato perché parlava di uno dei posti più suggestivi e
intriganti per me, probabilmente quel sasso era qualcosa scaturito da visioni
ataviche celate nel profondo della memoria.
E
l’acquisto non mi ha delusa. Effettivamente, leggendo il libro ho avuto la
sensazione di ritornare ai romanzi classici del passato, a quelli che mi hanno
appassionata nella mia gioventù, alle belle storie paesane dove i sentimenti
erano autentici, la gente semplice e la natura ancora incontaminata.
A
questa scrittrice talentuosa voglio chiedere:
So
che sei nata a Napoli, che cosa ti lega al Molise?
Elvira: Sono nata, ho studiato e vissuto a Napoli,
ma sono anche molisana per il
sangue che mi scorre nelle vene, per
educazione e per scelta. Ho sempre
riconosciuto il mio retaggio molisano, l'ho accettato come un dato di fatto
così come ho accettato che la Morgia, le
valli molisane, il loro profumo, la loro bellezza mi entrassero dentro,
modificando la mia percezione della natura e il mio modo di vivere.
Barbara:
Chi è Elvira Delmonaco Roll? Cosa è rimasto di molisano in lei?
E: Definirmi non è facile, ci ho provato tutta
la vita. Sono come un mosaico con molte tessere che continuo a scoprire, come
quella recente di autrice. Sono cresciuta all'insegna del dualismo, in bilico
tra due educazioni, due luoghi che sentivo “casa”, con due sorelle “grandi”
molto dotate, (Aurora, la più grande, con un CV di grande prestigio, oggi è una
storica con diverse pubblicazioni al suo attivo), per cui spesso ho sviluppato
incertezze e inquietudini che hanno reso angosciose le mie scelte e mi hanno
spinto a lasciare la mia casa per poi
goderne al ritorno. Ho vissuto un'infanzia felice in una famiglia in cui mia
madre mi ha fatto respirare cultura fin dai miei primi anni, sollecitando ed
educando la mia mente. Nella mia casa infantile si preparavano recite, si scrivevano commedie,
si leggevano poesie e libri, si commentava e si analizzava e non ci si annoiava
mai. Questa era la parte napoletana della mia educazione, ma c'era anche quella
molisana a me meno gradita che veniva impartita dalla mia prozia pietracupese
che viveva con noi durante gli inverni. Rigida, severa, con una vita
travagliata alle spalle, mi ha insegnato i lavori di casa, mi ha terrorizzato
con il suo credo in un Dio punitivo e mi ha insegnato ad amare il Molise. Ogni
anno, dopo il mare, passavo il mese di agosto a Pietracupa e lì viaggiavo a
ritroso nel tempo in un mondo culturale fatto di tradizioni. Pensavo, da
bambina, che questo mondo sarebbe rimasto sempre così, ma invece era come una
bolla pronta a scoppiare ed io l'ho visto disintegrarsi e non mi è piaciuto il
cambiamento. Per più di dieci anni non sono tornata in paese, troppo occupata
nei miei viaggi, nei miei studi prima e nell'insegnamento dopo, troppo presa
dal mio essere donna moderna, efficiente, impegnata e indipendente. Sono
tornata a Pietracupa solo dopo il mio matrimonio e mio marito ha deciso di
costruire la nostra casa in campagna,
sul rudere di un vecchio casino che si pensa sia stato quello del famigerato
don Peppo di cui ho parlato nei miei libri. Il
legame col mio Molise si è consolidato anno dopo anno, anche perché i
miei cari oggi dormono a Pietracupa insieme ai miei antenati paterni e lì
dormirò anche io, riunita alla mia famiglia.
B:
Questa è la tua prima opera?
E. Ho
scritto tre anni fa il mio primo libro L'ombra
della Morgia, cinque racconti che partono dal 1960 e che vanno a ritroso di
cento anni per ritornare al 1980, in una struttura circolare non chiusa, quasi
un romanzo della memoria, di cui i racconti sono i capitoli. L'ho scritto per
una delle tante scommesse con me stessa, per vedere se ero capace, spinta,
sollecitata e sfidata da un mio caro amico che ha avuto più fiducia in me di
quanto ne avessi io, e nella scrittura ho riversato il mondo pietracupese che
mi porto dentro e che voglio venga ricordato nella sua cruda realtà di fatica,
sofferenza, coraggio, determinazione, quando il peccato più grave poteva non
essere una colpa, mentre la più piccola delle trasgressioni poteva diventare
imperdonabile.
B: I
tuoi ricordi di questa terra sono antichi. I primi anni ’50 nell’Italia rurale
si viveva come nel Medioevo. E’ per questo che hai potuto ambientare un romanzo
a metà dell’Ottocento in modo così realistico?
E: La
Pietracupa dei miei primi anni di vita era apparentemente immobile nel tempo, cristallizzata
in un modo di vivere che sembrava non essere scalfito dal progresso, ma in
effetti non era così. Cominciava già a essere minato alla base proprio da noi
che passavamo le vacanze in paese, venendo dalla città, noi che non
rispettavamo la divisione in chiesa tra uomini e donne, che andavamo a
passeggio maschi e femmine insieme, noi ragazze che portavamo i pantaloni e
leggevamo libri invece di lavorare ai ricami e all'uncinetto. L'isolamento
secolare era stato rotto, il mondo esterno cominciava a filtrare e a inquinare
un modo di pensare atavico. Ho descritto questo passaggio dal vecchio al nuovo
in uno dei racconti del mio primo libro, ma non è questo mondo culturale in
procinto di essere annientato quello di cui parlo nel mio secondo libro. Nella Morgia Indiscreta ho descritto una
cultura che ho imparato a conoscere attraverso i racconti della tradizione
orale della gente del paese, storie che sono sparite nell'ondata dilagante del
moderno stile di vita, disperse nel mare dell'emigrazione. L'ultima depositaria
di questa cultura è sparita qualche mese fa a 104 anni. Con lei è
effettivamente morto un intero mondo culturale, un modo di vedere le cose che è
durato secoli per sparire in un trentennio.
B:
Come ti è venuta l’idea di realizzare un “giallo”?
E:
Quando ho iniziato a scrivere La Morgia
indiscreta non pensavo di scrivere un “giallo”, ma di raccontare una storia che mi era stata
narrata molto tempo fa dalla mia prozia, allora novantenne, che fino a
quel momento ne aveva conservato il
segreto perché toccava la sua famiglia. Nel corso degli anni questo assassinio
mi è tornato in mente di tanto in tanto e già prima di scrivere i miei racconti
avevo deciso che prima o poi avrei rotto il velo di un silenzio secolare. Per
me è stata una nuova sfida da affrontare, ho scritto e riscritto, perché la
storia mi prendeva la mano, come un cavallo che scalpita e tira per raggiungere
la stalla il più presto possibile, mentre io volevo guardare il panorama e non
solo il sentiero davanti a me... Alla fine mi sono sentita sufficientemente
soddisfatta di aver detto quello che volevo dire, di aver portato sotto la luce
gli aspetti della vita ottocentesca di un paese che coi suoi credo
comportamentali ha molto spesso permesso al male di annidarsi dietro
le porte chiuse. Del resto, dove abita
l'uomo, abita anche il male.
B:
L’intreccio, studiato con maestria, cattura il lettore che vuole sapere, come
per qualsiasi giallo, come va a finire questa storia. Ma effettivamente siamo
lontani dall’impeto messo nei romanzi attuali, il tuo libro lascia al lettore
il tempo di assaporare le cose, non gli metti fretta. Siamo in un periodo, invece (Unità d’Italia),
dove nel Molise si svolgevano fatti cruenti. La viabilità era difficile perché
c’erano grosse probabilità di incontrare feroci briganti. E’ una scelta dettata
dalla tuo modo di essere quello di non rappresentare la violenza?
E: La
storia dei briganti intorno a Pietracupa è piuttosto ricca, ma si riferisce più
al periodo a cavallo tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo, che alla metà del 1800. Quando inizia il mio
racconto i briganti di Trivento,
i Quici, i Vasile, i Landi, erano già spariti da tempo dalle strade,
insieme a Francesco Brindisi e Anselmo
Matteucci, sempre di Trivento,
venuti a Pietracupa qualche anno dopo, al servizio del potente arciprete di Pietracupa, don
Giuseppenicola Carnevale detto don Peppo.
A metà secolo le strade erano abbastanza sicure intorno a Pietracupa che
attraversava un periodo di calma e che, avendo relazioni solo coi paese più
vicini, ignorava come nelle cittadine del Molise si diffondesse il malcontento
e si affermassero idee che giungevano come echi passando attraverso i filtri
della distanza e del sentito dire. Il
paese rimase indisturbato anche dopo lo sbarco di Garibaldi, quando il Molise
si spaccò in due, tra garibaldini e sostenitori dei Borboni. Sotto la
Morgia non si seppe, se non parecchio
tempo dopo, che Francesco II aveva chiamato alle armi tutti i molisani fedeli
promettendo una ricca ricompensa, per cui nessun pietracupese lasciò la sua
casa e mentre contadini e briganti insieme si precipitavano a formare
l'”esercito dei cafoni”, e come locuste si abbattevano su Isernia, il 30
settembre 1860 , saccheggiandola, violentando e uccidendo, Pietracupa rimase in
disparte a prepararsi all'inverno. Solo quando questo esercito malandato fu
sconfitto, e le bande di briganti presero a spadroneggiare, Pietracupa rimase coinvolta, perché venne a stabilirsi nella zona il
brigante Nicola Martelli, caporale dell'esercito dei cafoni, detto Cola
Martill, di cui mio padre parlava quando ero piccola. Come molti sbandati del
distrutto esercito dei cafoni, si era allontanato per sfuggire all'esercito
inviato a ristabilire l'ordine e si era
dato al brigantaggio tra Pietracupa,
Torella e Bagnoli. Per due anni rubò, inasprendo gli animi dei paesani già
poverissimi e quando per puro caso, fu catturato da un pietracupese, gli fu
fatto un ridicolo processo e fu fucilato. In effetti si trattò di un linciaggio
e ne parlo nella seconda parte del mio libro. Avrei potuto soffermarmi di più
sugli aspetti del brigantaggio, ma ho preferito non aprire una pagina che per
quanto affascinante mi avrebbe portato fuori strada e ne ho parlato solo quando
si è intrecciato alla mia storia. Non ho indugiato nella descrizione dei
diversi atti di violenza per una mia pruderie, ma perché non ho ritenuto necessario soffermarmi
su particolari cruenti che secondo me
non avrebbero aggiunto niente alla narrazione. Per la stessa ragione, quando ho
parlato di stupro, ho preferito non scendere in descrizioni più dettagliate. Ho
pensato che avrebbero nociuto all'atmosfera del racconto dove tutto era
scandalo e niente lo era.
B: Io
personalmente, questo l’ho apprezzato.
Il tuo libro sta avendo un grande successo editoriale, dopo Francoforte
e Londra sarà anche alla fiera del libro al Metropolitan Pavillon di New York.
Verrà tradotto in inglese?
E.
Finora non ho pensato a una eventuale traduzione. Non pensavo di andare così
lontano. Ovviamente, se La Morgia Indiscreta dovesse essere
tradotto e andasse ancora più lontano, ne sarei felice. In ogni caso per me va
bene così, sono contenta che il mio lavoro piaccia, che Pietracupa vada in giro per il mondo attraverso le mie
parole, ma sono soprattutto contenta di
essere riuscita a comunicare con il lettore e penso che questo sia la meta di
tutti coloro che scrivono.
B: Ti
aspettavi questo successo? Sei pronta
per un prossimo libro?
E:
Quando ho affidato alle stampe il mio lavoro ho incrociato le dita, pronta ad
accettare commenti negativi, ma per fortuna non è andata così ed ho avuto molti
consensi che mi hanno gratificata. Onestamente ci speravo perché non è vero che
si scrive per se stessi, si scrive anche per il lettore, altrimenti non si
pubblica il proprio lavoro. Pubblicare vuol dire darsi al parere di chi legge,
accettare che si giudichi l'autore
insieme alla sua opera e questo è il difficile, almeno per me, ma a ogni
riscontro positivo, io tiro un sospiro di sollievo ed è una gran bella
sensazione. Ho in mente un nuovo libro per terminare la trilogia della Morgia e
ho cominciato a scrivere, ma non penso che questo lavoro sarà pubblicato prima
del prossimo anno.
B.
Anche tu, come molte scrittrici, vieni dal mondo della scuola che, in questo
periodo, non se la passa troppo bene con tanti giovani che abbandonano gli
studi per rimanere a casa senza fare nulla. Secondo te, qual è il peggior
nemico dello studio?
E: Ho
amato molto la scuola e le ho dato la mia completa dedizione. Discendente da
generazioni di educatori, sono stata una brava docente e lo dico con orgoglio.
Tutta la mia vita ho avuto insicurezze e dubbi su tante cose, ma su questo no,
ho sempre avuto la coscienza di svolgere un ottimo lavoro. Ho dato molto ai
miei ragazzi, e ho ricevuto dalle mie difficili classi tanto quanto ho dato e
grazie a loro posso guardarmi indietro e dirmi che la mia vita non è stata un
inutile spreco di energie. Ho avuto la fortuna di insegnare per anni in
istituti professionali sperimentali in zone travagliate come, ad esempio, Scampia
a Napoli. Ho insegnato giovanissima in licei problematici come quelli di
Giugliano e di Somma Vesuviana e le mie prime esperienze le ho avute nelle allora classi
differenziali. Mi sono occupata di
dispersione scolastica, di ricerca di una metodologia innovativa, di
consulenza, di collaborazione con le famiglie, di integrazione, di
orientamento, di formazione per docenti formatori e per questo non posso dare
una risposta breve ed esauriente a una domanda molto complessa che tocca
problemi già gravi prima che andassi in pensione. In breve posso dire solo che
se lo Stato non si occupa della scuola con competenza e non la smette di girare
in tondo come una mosca presa in trappola in un bicchiere di vetro, anche la
scuola girerà in tondo senza trovare una via d'uscita. La cecità di uno stato
che non parte dalla realtà sociale da cui proviene la maggior parte degli
studenti, che non offre sbocchi lavorativi, che taglia fondi e fa decreti su
programmi fallimentari scopiazzati da nazioni con realtà diverse, fa la cecità
di una scuola che si distacca sempre più dai bisogni delle nuove generazioni e
che si regge solo sulla dedizione e competenza di molti docenti. Mi fermo qui,
prima di lasciarmi trascinare dall'argomento a dire più di quanto sarebbe
opportuno.
B: Grazie Elvira per questi bellissimi commenti che mettono in luce anche la tua grande umanità.
CHI
E’ ELVIRA DELMONACO ROLL?
E’
nata a Napoli alla fine del Secondo conflitto mondiale da madre napoletana e
padre di origine molisana. Ha studiato sia in Italia che all’estero,
laureandosi in Lingua e Letteratura francese, lingua che ha poi insegnato nella
scuola superiore fino al pensionamento. Ad ispirare i suoi romanzi è il paesino
molisano del padre, Pietracupa, che l’ha sempre affascinata. Il giallo, La Morgia indiscreta è la sua seconda
opera. La prima, pubblicata nel 2015, L’ombra
della Morgia, raccoglie cinque racconti, sempre ambientati a Pietracupa e
che vanno a ritroso nel tempo.
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