sabato 9 febbraio 2008

Francesco Jovine e le "Terre del Sacramento"

Francesco Jovine


Francesco Jovine nasce a Guardialfiera nel 1902 e muore a Roma nel 1950. In questo stesso anno viene pubblicato, postumo, Le terre del Sacramento, considerato il romanzo più maturo dello scrittore.


Chiusa la parentesi del Fascismo che aveva mortificato e condizionato la produzione artistica per un ventennio (scrive Jovine in “Nuova Europa”, 21 gennaio 1945: “…Fummo malati di tristezza e ipocrisia), si apre la stagione della letteratura neorealista, desiderosa di testimoniare le condizioni oggettive della società e di incidere su di essa.


In Le terre del Sacramento, Jovine descrive le lotte dei braccianti molisani per strappare ai signori un pezzo di terra da lavorare: la storia si svolge in un passato prossimo (siamo alla vigilia della marcia su Roma ed il tentativo di riscatto dei contadini verrà represso violentemente dai fascisti) ma, probabilmente, l’occhio è rivolto anche al presente se si pensa all’Italia del dopoguerra che, nel Sud, era di frequente agitata per l’occupazione delle terre.


E’ interessante notare che tutti i critici, anche quelli meno convinti della sua opera, sono concordi nel riconoscere a Jovine una profonda onestà intellettuale che ne fa un autore un po’ appartato ed isolato nel panorama del neorealismo.


Studioso attento della questione meridionale e contadina, egli univa ad un’ampia conoscenza storica, un’esperienza diretta delle condizioni di vita della sua regione d’origine.


Quel mondo della provincia molisana non è oggetto di un interesse letterario, ma è realtà sofferta e compresa nella sua secolare storia di dolore e perciò egli riesce a darne un affresco privo di artificiosità e retorica, non convenzionale o folkloristico.


I tipi descritti risaltano grazie alla capacità dell’autore di superare gli schemi della rappresentazione tradizionale e di “rifarli nuovi”, scavando a fondo nella psicologia dei personaggi.


Galantuomini di paese, proprietari oziosi e parassiti, professionisti intristiti da una vita senza orizzonti, studenti poveri animati di speranza per un futuro migliore (si pensi al magistrale ritratto del protagonista, Luca Marano), contadini miserabili e tenaci, privi di consapevolezza, vanno a comporre un’umanità, guardata con attenzione e amore, che acquista un sapore di verità e di consistenza sociologica.


Forse, ciò che Jovine ci lascia in eredità è, al di là delle testimonianze del nostro passato, proprio il suo “moderno umanesimo” che supera la contingenza della storia per approfondire con efficacia quella materia viva che è l’uomo.


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SCHEDA DELL’OPERA


Le terre del Sacramento, situate in una zona del Molise, sono “terre maledette”, una volta feudo dei vescovi, poi usurpate dai borghesi dopo le espropriazioni del 1863, ora in abbandono per ignavia dei nuovi proprietari.


Gli abitanti del borgo, sebbene affamati, si rifiutano di lavorarle, soggiogati da antica superstizione.


Luca Marano, studente animato da ideali socialisti e figlio di umili braccianti, illuso dai proprietari con la promessa di rendere un giorno i contadini partecipi alla proprietà del feudo, riuscirà ad indurre quest’ultimi a dissodare di nuovo quelle terre incolte da decenni.


Si arriva così al tempo della marcia su Roma e della reazione agraria, per cui invece dei primi contratti a loro favore, i contadini si vedono recapitare gli sfratti.


Avendo tentato di opporsi alla cacciata da quelle terre ormai risanate con la loro fatica, verranno presi a fucilate dai fascisti e dai carabinieri.


Luca Marano, resosi conto di essere stato uno strumento nelle mani dei proprietari, parteciperà anch’egli alla lotta e sarà ucciso.


                                       Anna Moffa

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