BRANO N. 4
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All’annuncio degli araldi, i vicoli della cittadina si riempirono di gente, usci e finestre si spalancarono. Le donne, avvolte in pesanti mantelli di lana, riunite in capannelli, cominciarono a scambiarsi le loro impressioni: era proprio vero che l’imperatrice Costanza si trovava in paese? All’inizio, stentavano a crederlo. Nessuna osava allontanarsi dalla soglia di casa, intimidita dal brontolio degli uomini, sospettosi che si trattasse di un raggiro. Persino le più coraggiose erano titubanti: come poteva, un’imperatrice, sollecitare la compagnia di povere contadine? Eppure gli araldi insistevano: nella piazza principale di Jesi, sotto una tenda da campo, si trovava l’imperatrice Costanza, in procinto di partorire l’erede al trono dell’impero. Sua maestà supplicava le donne del paese di recarsi da lei, per confortarla e infonderle coraggio, con la loro presenza.
Alcune raggiunsero la piazza, videro la tenda e cominciarono ad avvicinarsi. Una domestica faceva loro cenno di avanzare senza timore.
Così una ventina di popolane fu ammessa alla presenza di Costanza, distesa su un modesto giaciglio. Aveva indosso una semplice camicia bianca, che metteva in evidenza la sporgente rotondità del ventre, e appariva pallidissima. Sorrise e le invitò ad avvicinarsi. Esitanti, si inginocchiarono a una certa distanza.
«Venite qui vicino, vi prego, non abbiate timore le esortò. «Vi ringrazio della compagnia. Qualcuna di voi ha avuto figli? .»
«Io ne ho avuto otto, maestà. .»
«Otto, sei una donna fortunata. E anche molto esperta. Avvicinati. Costanza le prese la mano, ruvida e segnata dal lavoro, la trattenne fra le sue per vincerne la timidezza, poi se le pose sul ventre. .»
«Cosa senti? .»
«Il bimbo che si muove, maestà. E’ robusto. Non so se sarà un maschio.»
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