martedì 4 febbraio 2025

LA SCOPERTA DI UN NUOVO POETA MOLISANO. È FRANCESCO DI MARCO, SCOMPARSO TRENT’ANNI FA.

 

 


La sua prima raccolta di versi, Prima di sera*, è stata presentata al pubblico il 4 gennaio di quest’anno a Sant’Elia a Pianisi, suo paese natale. Relatori Giampaolo Colavita, Mariella Di Brigida, Leonardo Sciannamè.  

A Mariella Di Brigida, curatrice della raccolta, abbiamo chiesto di poter pubblicare alcune sue considerazioni critiche, e soprattutto di scegliere dei versi che ci introducano nel mondo poetico dell’Autore.

 





Tra una fenditura

del mio abbaino

ogni giorno depongo il cibo

per il mio tessitore.

Prima,

per giorni interi,

vivevo anch’io lassù

accanto a lui. 

E, poco più in là,

mentre cinguettavano i passeri

e garrivan le rondini,

il mio piccolo ragno

tendeva un filo infinito e fine,

discendeva e saliva

come faceva mia madre

quand’era viva.

 

Prima di sera esce nell’anno in cui si celebra il trentennale dalla morte di Di Marco, artista noto per le sue opere scultoree e pittoriche, legato agli ambienti artistici di via Margutta a Roma e alla sua Sant’Elia a Pianisi che ancora lo ricorda per il suo ruolo di docente alla scuola Secondaria, per le opere che tuttora segnano di un’identità precisa l’appartenenza al paese. Di Marco rappresenta una voce autentica, i suoi versi fluiscono lievi tra la malinconia dell’attesa, i desideri irrealizzati che brillano di un bagliore quasi spento, verità inaccessibili, la riflessione sul senso della fine. La sua lettura apre un orizzonte fuori da coordinate spaziali riconoscibili: sono i paesaggi dell’anima quelli che colpiscono il lettore circondato da flora e fauna rigogliose, in un universo in cui gli uomini e le donne per lo più tacciono.

 


Prima di sera è un florilegio che raccoglie versi composti, senza soluzione di continuità, lungo l’arco della sua vita. La scrittura in versi di Di Marco ci consente di attraversare la poesia occidentale svincolandoci dalla pretesa di ricondurla a specifiche correnti letterarie, scuole poetiche nostrane o d’oltralpe o a specifici modelli che appaiono qui tutti sfumati, amalgamati in una voce libera e genuina. La sua opera si distingue per autenticità e libertà, i versi sfuggono a qualsivoglia categorizzazione. Di Marco perseguì nel modo di concepire sia l’arte che la vita questa libertà che appare ancor più autentica se si pensa alla segretezza (di un riguardo quasi impacciato) con cui tenne gli occhi di tutti lontani dalle sue carte. Artista poliedrico, curioso, sui generis nell’arte, quanto schivo, riservato, scostante nella vita.

Nella sua poesia non c’è la pretesa di spiegare o interpretare l’uomo, la vita, la morte. Il poeta descrive il momento - un momento di bagliore che si spegne e non sa illuminare il mistero - con la precisione che solo immagini vaghe legate al manifestarsi della neve alla finestra, del canto dell’usignolo o del ritorno della donna possiedono.  È tutt’altra cosa rispetto al senso di indefinito leopardiano perché il poeta non si affida al ‘caro immaginar’. Il lessico vago non aggiunge poeticità al tessuto verbale. È una poesia svincolata dalla pretesa di una conquista trascendente che appare lontana ‘lassù’, ‘in alto’ o ‘più giù’. Una poesia fatta di vuoto, attesa, silenzio, pervasa dall’idea della perdita: «Ma noi,/ senza ambito premio di nulla,/ che cosa dobbiamo compiere/ora che tutto è finito?». La perdita di senso nel desiderio frustrato di attingere a qualcosa di più grande, del godimento dell’infinito, è il tema portante della sua produzione in versi insieme a una ricerca continua di una spiritualità vera. Questo non comporta l’osservanza di riti e precetti. Di Marco ne resta al di fuori, come si evince da molti componimenti. Riguarda, invece, l’effetto che il trascendente ha sull’esistenza: la preghiera vissuta come momento di appartenenza e identità sociale, una vita di fede per la quale ha come esempio la gestualità domestica, il santificarsi per un mondo migliore da cui scaturisce la ricerca del sacro che ritrova nel volo delle rondini, nelle falene, negli alberi che fanno da sfondo ai suoi componimenti.

 

Nell’infinito

è uno sfavillio di danze astrali

e l’usignolo

canta sul melo.

 

Ma,

oltre domani,

quando rifrazioni spettrali

m’avranno inumato nel nulla,

potrò levare il capo

e sorridere

anch’io?

 

Fino al tramonto di ieri

il cielo era porpora e oro

e l’angelo custode

mi teneva per mano.

 

*Francesco Di Marco, Prima di sera, a cura di Mariella Di Brigida, nota biografica di Giampaolo Colavita, Lanciano, Carabba, 2024.

 

 

                                                                                                  Mariella Di Brigida

 

1 commento:

  1. Francesco Di Marco, un artista a tutto tondo, figlio d'arte e che ha amato appassionatamente il Molise...

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