La sua prima raccolta di versi, Prima di sera*, è stata presentata al pubblico il 4 gennaio di quest’anno a Sant’Elia a Pianisi, suo paese natale. Relatori Giampaolo Colavita, Mariella Di Brigida, Leonardo Sciannamè.
A Mariella Di Brigida, curatrice della raccolta,
abbiamo chiesto di poter pubblicare alcune sue considerazioni critiche, e
soprattutto di scegliere dei versi che ci introducano nel mondo poetico
dell’Autore.
Tra una
fenditura
del mio abbaino
ogni giorno
depongo il cibo
per il mio tessitore.
Prima,
per giorni
interi,
vivevo anch’io
lassù
accanto a lui.
E, poco più in
là,
mentre cinguettavano i passeri
e garrivan le
rondini,
il mio piccolo
ragno
tendeva un filo infinito e fine,
discendeva e
saliva
come faceva mia
madre
quand’era viva.
Prima di sera esce nell’anno in cui si celebra il trentennale
dalla morte di Di Marco, artista noto per le sue opere scultoree e pittoriche,
legato agli ambienti artistici di via Margutta a Roma e alla sua Sant’Elia a
Pianisi che ancora lo ricorda per il suo ruolo di docente alla scuola
Secondaria, per le opere che tuttora segnano di un’identità precisa
l’appartenenza al paese. Di Marco rappresenta una voce autentica, i suoi versi
fluiscono lievi tra la malinconia dell’attesa, i desideri irrealizzati che
brillano di un bagliore quasi spento, verità inaccessibili, la riflessione sul
senso della fine. La sua lettura apre un orizzonte fuori da coordinate spaziali
riconoscibili: sono i paesaggi dell’anima quelli che colpiscono il lettore
circondato da flora e fauna rigogliose, in un universo in cui gli uomini e le
donne per lo più tacciono.
Prima di sera
è un florilegio che raccoglie versi composti, senza soluzione di continuità,
lungo l’arco della sua vita. La scrittura in versi di Di Marco ci consente di
attraversare la poesia occidentale svincolandoci dalla pretesa di ricondurla a
specifiche correnti letterarie, scuole poetiche nostrane o d’oltralpe o a
specifici modelli che appaiono qui tutti sfumati, amalgamati in una voce libera
e genuina. La sua opera si distingue per autenticità e libertà, i versi sfuggono
a qualsivoglia categorizzazione. Di Marco perseguì nel modo di concepire sia
l’arte che la vita questa libertà che appare ancor più autentica se si pensa
alla segretezza (di un riguardo quasi impacciato) con cui tenne gli occhi di
tutti lontani dalle sue carte. Artista poliedrico, curioso, sui generis
nell’arte, quanto schivo, riservato, scostante nella vita.
Nella sua poesia non c’è la pretesa di spiegare o
interpretare l’uomo, la vita, la morte. Il poeta descrive il momento - un
momento di bagliore che si spegne e non sa illuminare il mistero - con la
precisione che solo immagini vaghe legate al manifestarsi della neve alla
finestra, del canto dell’usignolo o del ritorno della donna possiedono. È tutt’altra cosa rispetto al senso di
indefinito leopardiano perché il poeta non si affida al ‘caro immaginar’. Il
lessico vago non aggiunge poeticità al tessuto verbale. È una poesia svincolata
dalla pretesa di una conquista trascendente che appare lontana ‘lassù’, ‘in
alto’ o ‘più giù’. Una poesia fatta di vuoto, attesa, silenzio, pervasa
dall’idea della perdita: «Ma noi,/ senza ambito premio di nulla,/ che cosa
dobbiamo compiere/ora che tutto è finito?». La perdita di senso nel desiderio
frustrato di attingere a qualcosa di più grande, del godimento dell’infinito, è
il tema portante della sua produzione in versi insieme a una ricerca continua
di una spiritualità vera. Questo non comporta l’osservanza di riti e precetti.
Di Marco ne resta al di fuori, come si evince da molti componimenti. Riguarda,
invece, l’effetto che il trascendente ha sull’esistenza: la preghiera vissuta
come momento di appartenenza e identità sociale, una vita di fede per la quale
ha come esempio la gestualità domestica, il santificarsi per un mondo migliore
da cui scaturisce la ricerca del sacro che ritrova nel volo delle rondini,
nelle falene, negli alberi che fanno da sfondo ai suoi componimenti.
Nell’infinito
è uno sfavillio di danze astrali
e l’usignolo
canta sul melo.
Ma,
oltre domani,
quando rifrazioni spettrali
m’avranno inumato nel nulla,
potrò levare il capo
e sorridere
anch’io?
Fino al tramonto di ieri
il cielo era porpora e oro
e l’angelo custode
mi teneva per mano.
*Francesco Di Marco, Prima di sera, a cura di Mariella
Di Brigida, nota biografica di Giampaolo Colavita, Lanciano, Carabba, 2024.
Mariella Di Brigida
Francesco Di Marco, un artista a tutto tondo, figlio d'arte e che ha amato appassionatamente il Molise...
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