Testo di Rita Frattolillo
di Raffaele
Capriglione (Santa Croce di Magliano 1874-1921), pref. di F. D’Episcopo,
Edizioni Enne, 1995.
Perché
Riprendo volentieri la “provocazione” lanciata da Gabriella Iacobucci a proposito di Donato Del Galdo e del suo essere tra i protagonisti di quella che lei, giustamente, definisce letteratura contadina. Definizione che si attaglia particolarmente bene a coloro che, profondamente radicati nella terra di Molise hanno interpretato e descritto le tradizioni, gli umori viscerali, la durezza di vita della sua gente “cafona” e tenace, semplice e genuina.
A Del Galdo, “contadino che ha preso coscienza, che di questa condizione, che è stata anche la sua, denuncia le sofferenze e lo sfruttamento, ma soprattutto racconta con orgoglio i primi tentativi di riscatto dalla servitù”, mi piace interfacciare un borghese, un intellettuale nipote di medici e avvocati, il medico Raffaele Capriglione (1874 – 1921), che, privilegiando il proprio dialetto, quello di Santa Croce di Magliano, si compenetra nei propri compaesani. E sono parole schiette, sgorgate da chi si sente come loro, al punto da servirsi del comune veicolo linguistico per esprimere emozioni sentimenti sofferenze. E cantare, nella comune lingua materna, il ritorno all’universo alternativo, quello dominato dalla natura e dagli animali, protagonisti delle festività religiose del calendario santacrocese.Rara, la compenetrazione tra la vita del medico Raffele Capriglione e la sua produzione, un intarsio di prosa e versi di straordinaria espressività e plasticità.
‘La Settimana Santa a Santa Croce di Magliano’ è il
primo nucleo di un’opera accresciuta e rimaneggiata negli anni, anche se
l’autore asserisce di averla scritta da ragazzo in convitto a Sepino per fissare sulla carta quei ricordi
“che il tempo potrebbe fugare dalla memoria.” Su quei fogli Raffajele
- già segnato da una grave malattia
che egli, lucidamente, arriverà a trattare come tesi della sua laurea in
medicina - rivive i momenti gioiosi
della festa del suo paese, e si sofferma , anche con l’aiuto dei suoi disegni, nella descrizione di personaggi
e fatti più significativi e
caratteristici.
‘La Settimana Santa a Santa Croce di Magliano’ si
compone di una successione di quadri che descrivono le manifestazioni tipiche e
le scene di vita quotidiana della comunità santacrocese durante la settimana
che precede la Pasqua, dall’arrivo del grande predicatore , atteso con rispetto
da tutta la popolazione, fino alla processione della vergine Addolorata e alla
gloriosa Resurrezione di Cristo.
In ‘U luteme sabbete d’abbrile’, in un esaltante contesto naturale dominato dai suoni e dai colori di fiori e animali, Capriglione racconta la preparazione delle bestie per la benedizione davanti alla Chiesa, dopo i tre giri devozionali. Il clou è la processione dell’Incoronata, l’ultimo sabato di aprile. Altri versi sono raccolti in Poesie dialettali di Dorraffaiele.
Dal libro
La Settimana Santa a Santa Croce di Magliano’
Il mondo distante, quello dei preti e quello del volgo, è rappresentato da Capriglione in una cornice farsesca: da una parte il predicatore colto, dalla parola aulica, venuto da fuori, dall’altra il popolo, stupito e compunto, che fa finta di capire quella lingua astrusa … Perfetto l’intarsio di registri lessicali diversi, che fotografano la distanza incolmabile tra i due mondi.
Predicazione del Venerdì Santo |
Il predicatore arrivato per la settimana santa a Santa Croce di Magliano tuona così dal pulpito, dopo essersi segnato, aver recitato l’Avemaria, essersi pulito il naso, gli occhiali:
“Finalmente
fissa le persone del volgo, specie un crocchio nel cappellone di Santa
Filomena, che sarebbero U Pupe de Dèe, Felicuiuòtte, Pasquale Alfieri, Squicce,
Carne-e-Cipolla, che, immobili e attenti sembrano, come dicevo poc’anzi, tanti
punti interrogativi. Dice il predicatore: […] La personalità umana: nella sua
unità risponde alla legge della omogeneità; nella sua dualità e pluralità alle
leggi di eterogeneità e polarità (e guarda Feliciuòtto,il Pupo, Squicce,
Carne-e Cipolla, ecc, che approvano con cenni della testa). La legge, continua
l’altro, è il primo momento di tutte le forze. Così nel primo momento dinamico
l’anima è una solamente…(il Pupo approva con ostentazione e dice a Carne :-U
siinte, l’alema jé una. E l’altro:-N’alema sola ce sta. Si ze perde che sarrà-.
Ma, gridò il predicatore, quest’unità si sparpaglia ben tosto in intuito e
riflessione, in sensibilità ed attività. Ecco il secondo momento. Come mai la
legge di omogeneità dà luogo a quella di eterogeneità-
(I quattro
o cinque interpellati del cappellone si guardano in faccia tra loro e alzano le
spalle. Loro non lo sanno. Ma ecco che il predicatore glielo spiega):- Ciò
succede, dice, mediante i limiti. […] (La Settimana Santa a Santa Croce di
Magliano, f. 177)
La festa dell’Incoronata
Il ritmo
di ballata evoca il tepore primaverile e immerge il lettore nel gioioso
spettacolo corale di festa e attesa per la solenne celebrazione dell’Incoronata
rivissuto empaticamente da Capriglione:
Sta… che scine pe ne scì
E pe tutte li campagne
Siente suone, cante e lagne
Mbacce e l’albere e i pedàle
(mo ca nghìane e mo ca cale)
Ppese sta a calavrusèlle
Tra quatràre e guagliuncèlle
E cantà tu siente: Ah no,
L’alma mie, lu core no.
Pròpie tanne jè rruvàte
A Madonne d’Incurnàte…
Ncoppa ‘a cerquele ssettate
Sta a Madonne, e pare ntrone,
E te ncape tre curone;
Te de quarte n’angelille
Scenne aperte e piccirille,
Che reghegne u secchietielle
Scarciacappe e i vuvarielle.
Tu che feste e che preiezze,
Che delizie e cuntentezze!
Quante è belle, quant’è care
L’avtanie di Madunnare!
Quillu cante da Madonne
Te ricorde a ninna nonne,
S. Michele cu demonie
A carregne S. Antonie.
Ie nu cante, nu lamiente,
Ie du core nu turmiente,
Na canzone disperate,
Na preghiere ddulerate,
Che fa mette mpecundrie
Quanne a siente mmiez’a vie;
E fa u core sparpetà,
Te fa chiagne e fa penzà.
La benedizione degli animali
Mbacce i sette da matine
Ze cumenze n’ammmuine.
Ttuorne a chiesie ‘u cementierie
Che trappielle, neh! che fierie!
Tutt’i ciucce, i cavallucce,
Vaccarelle e vitellucce,
Tutt’i vuove ngiurgellate
Chi campane strata strate,
I mulette, i crape i zurre
Vanne e ssuone de tammurre;
Tutte nnocche e nnucchetelle,
Tutte hiure e zagarelle
Mpont’i corne e mbacce i recchie,
Pi gregnere e pi curnecchie;
Mbacce i code hiure e hiuocchie,
Mbacce i ngine e ni sagliocche;
Mbacce i vriglie e ni capezze
Che sbiannore e che bellezze!...
…Tu che chiasse ndiavelate!
Che lamizze spase nterra
Nquillu forte serre serre!
E può quanne so partute,
Manche tutte iè fernute.
Venn’i crape ncampanate,
Tutte ricce e ncannaccate,
Tutte hiure e zagarelle,
Capesciole e cartabelle,
Ciampanielle nnargentate;
E ze fanne i tre gerate.
Quanne può chenne fenute,
Nnant’a chiesie so menute,
Ze fa nnante u saciardote:
L’acqua sante che tre vote
Te sgrizzeie e ccone e ccone,
E li da a benedizzione.
Un Capriglione esasperato e sarcastico dissacra
in questi versi uno dei capisaldi della civiltà:
La Giustizia
Diva fulgente d’ogni colpa immune
maestosa, austera ed incontaminata
passa al mondo la giustizia umana
ed è una gran puttana.
Cinta d’alloro nel suo tempio assisa
ove per tutti si proclama uguale
per la bontà dei sacerdoti suoi
la fotti come vuoi.
Talor la spada col suo pugno abbassa
depone la bilancia ed impunemente
dai ceppi pur di mille leggi oppressa
decide colla fessa.
Sciocco chi spera per le vie legali
aver trionfo de le sue ragioni
fidente aspetterà tranquillo e muto
ma resterà fottuto.
Per me non cesserò per la mia
toga
di millantar i giudici, i processi,
le sagge leggi, le sentenze dotte
e il cazzo che li fotte.
Hanno detto:
Sebastiano Martelli: Con la sua sincera adesione umana ed ideologica al mondo popolare ed una totale immersione antropologica, anticipa la ricca stagione della poesia dialettale del primo dopoguerra.
Francesco D’Episcopo: Gli inserti cantati […] confermano la volontà del poeta di afferrare la vita e l’arte, che la vita è chiamata a rappresentare e ad esaltare, nella loro più totale e unificante densità espressiva.
Michele
Castelli: Una
poesia che a prima vista dà l'impressione di un semplice gioco scherzoso, ma
che nel fondo nasconde un terribile dramma che se non si manifesta in tutta la
sua dimensione è solo per l'abilità dell'autore di celarlo dietro ad una
sottile ironia che trasforma in riso ciò che dovrebbe essere pianto
inesauribile.
RITA FRATTOLILLO
Di provocazione in provocazione le autrici delle schede ne rendono la lettura più ardua e interessante. Frattolillo poi, in finale, affronta addirittura il genere hard. Personalmente adoro i dialetti parlati o usati poeticamente, un po' meno quando uno scrittore se ne serve per la sua prosa. Raffaele Capriglione però si fa perdonare fin dall'endecasillabo (avrò contato bene?...con tutte queste attente prof...)) scelto come titolo per il suo libro e poi, era un medico e i "doc" quando si dedicano alla ricerca o all'arte lo fanno con successo (vedi G. Sinopoli, Cechov, Burri, ecc.) e spesso curano anche la mente distraendoci e illuminandoci. Sono grato a MDA e a Frattolillo che con molto spirito mi ha fatto fare questa scoperta. A mia volta, indagherò negli archivi delle biblioteche pubbliche di TS e tenterò qualche scalata in molisano.
RispondiEliminathe Ancient Mariner
Bene, caro Ancient mariner, restiamo in attesa di qualche sua scalata in molisano. F
EliminaPer chi non è del luogo è molto difficile leggere una poesia in dialetto. Questo fa sì che i libri in vernacolo circolino solo in ambienti ristretti. Inoltre, da paese a paese il dialetto differisca anche in modo molto dissimile. Tanto per fare un esempio, il dialetto termolese è incomprensibile ad un campobassano, ma anche ad un vastese che abita solo a 30 km di distanza. E qua mi viene in mente il latino che si è mutato in tante lingue. Insomma, il cervello umano è sempre pronto a reinventare nuove parole e a trasformarle e sono sicura che il dialetto di Capriglione non sia più quello degli abitanti attuali di Santa Croce di Magliano.
RispondiEliminaCondivido il pensiero di Barbara riguardo alla difficoltà di leggere il testo in dialetto per chi non è nativo di quei luoghi. Ciononostante penso sia importantissimo dare spazio alla letteratura dialettale perché è lo specchio di una realtà e di una cultura locale molto particolare. Sarebbe interessante confrontare altri esempi di letteratura dialettale anche di altre nazioni. Forse così si scoprirebbe che non tutte le nazioni hanno dei veri dialetti mentre l'Italia ne è ricchissima.
RispondiEliminaQuesto commento è stato postato da Angela Pine Coffin.
RispondiEliminaPER METTERE IL PROPRIO NOME, una volta scritto il testo bisogna cliccare su "Commenta come" e si sceglie "Nome/URL". Poi si scrive il proprio nome nello spazio "Nome", mentre in quello URL non si scrive nulla. A quel punto si clicca su "Pubblica"...
RispondiEliminaSono bastate le brevi note dell’autrice per riassumere la potenza della cosiddetta letteratura contadina: essa rievoca una vita dura, è vero, ma soprattutto rievoca la sacralità dei riti e dei tempi, in assoluta simbiosi con la natura. Ammetto però di non aver capito tutte le parole... dei versi, mi piacerebbe avere la traduzione.... perché anche i più giovani possano avvicinarsi al dialetto e riconquistarne qualche colorita espressione!
RispondiEliminaPreciso che il commento precedente è stato pubblicato da Tiziana di Zinno, e non, come erroneamente riportato, da me.
EliminaQuanne Abbrile pe fenì Quando aprile per finire
EliminaSta… che scine pe ne scì Sta... per uscire che non uscire
E pe tutte li campagne E per tutte le campagne
Siente suone, cante e lagne senti suoni canti e lagne
Mbacce e l’albere e i pedàle Sugli alberi e i tronchi
(mo ca nghìane e mo ca cale) ( ora che Sali e ora che scendi )
Ppese sta a calavrusèlle Appeso sta a cavalcioni
Tra quatràre e guagliuncèlle Tra giovinette e ragazzine
E cantà tu siente: Ah no, e cantare tu senti: Ah no,
L’alma mie, lu core no. L’alma mia, il cuore no.
Pròpie tanne jè rruvàte Proprio allora è arrivata
A Madonne d’Incurnàte… La madonna dell’Incoronata...
Rita salve, mi sono permesso di tradurre un pezzo delle poesie, giusto per farsi un'idea. Se proprio interessa potrei anche con le altre di cui sopra. Quella delle parolacce non serve.
Il testo di Raffaele Capriglione "U LUTEME SABBATE D'APRILE ed altre feste popolari a Santa Croce di Magliano" contiene tra i vari brani "La settimana santa a Santa Croce di Magliano".In esso vi è la presentazione di due mondi culturali contrastanti, reciprocamente autonomi. Da un lato la religione dei dotti, letteraria e libresca, dall'altro quella popolare dei contadini, della povera gente che non capisce i paroloni ed i concetti oscuri del predicatore ma lo accoglie con rispetto e fa finta di comprendere la sua predica "oscura" . Nel componimento per la celebrazione della festa dell'Incoronata la cultura popolare viene presentata nella sua dimensione festosa attraverso il ritmo leggero e quasi ballabile dei versi. Anche nel testo "La benedizione degli animali" si ripropone il mondo corale, istintivo, spontaneo e ridanciano della povera gente, opposto a quello razionale e serioso degli "istruiti". Nei versi de "La giustizia" Capriglione nei panni di un moderno Cecco Angiolieri, si fa beffe delle "sagge leggi, le sentenze dotte", aderendo ancora una volta allo spirito del mondo popolare che da sempre vive un atteggiamento di sfiducia nei confronti di "chi spera per le vie legali aver trionfo delle sue ragioni".
RispondiEliminaCara Ernestina, mi compiaccio per l'approfondita frequentazione del "nostro" Capriglione che dimostri con questo tuo commento. Dalle tue parole si comprende che del medico-poeta "don Raffajele" apprezzi gli aspetti di unicità che io ho inteso evidenziare scegliendo proprio quei testi su cui tu ritorni con passione e competenza. Complimenti!
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