di Rita
Frattolillo
A libro chiuso, torno a guardare la copertina
de “Il
Risolutore” (486 pp., Rizzoli, 2019) di Pier
Paolo Giannubilo chiedendomi se sia
più uno spy-story, un romanzo psicologico con
venature thriller, una biografia, o un resoconto di
guerra….
“Il Risolutore”, mi sembra, è tanti libri in uno, un
romanzo ibrido, a specchio delle molte vite vissute dal protagonista, Gian
Ruggero Manzoni. Pluriomicida per conto dei Servizi segreti con
il nome di “Squalo” e intellettuale dalla prodigiosa, diversificata produzione
artistica e letteraria, Manzoni porta il peso di un cognome importante, e nelle
sue vene scorre il sangue - e il talento - della famiglia
che ha dato alla cultura personalità straordinarie come Alessandro e
Piero.
Il professore di liceo P.P.
Giannubilo, affascinato fin dal primo incontro dalla personalità
trasbordante, istrionica e multiforme di Gian Ruggero Manzoni, dopo
molti tentennamenti si decide a coglierne l’ostentata disponibilità a raccontargli
il suo passato inquietante. Prostrato da una sequela di traversie personali, il
professore scrittore ha necessità di “allontanarsi da sé”, e immergersi
nell’ascolto di Manzoni gli sembra un buon “diversivo”. Invece la lunga,
impattante intervista effettuata a Lugo di Romagna con Ruggero non
solo si rivela ben diversa dallo sperato “diversivo”, ma si ripercuote
fortemente sul travagliato stato d’animo del professore intervistatore, e ha
un’eco profonda sulla sua sensibilità di uomo e di intellettuale. Al viaggio
tra i tanti volti della brutalità di cui Ruggero- “Squalo” è stato capace, alla
sua discesa negli inferi, al degrado fisico e morale di chi “asseconda la sua
bulimia di vita e di sesso” corrisponde di fatto il profondo coinvolgimento
dell’intervistatore aspirante biografo, il quale, scrutando e scavando
nell’animo dell’altro, si lacera tra sconcerto, dubbi e interrogativi.
Ma,
se Giannubilo riconosce che “La sua vita è la favola nera più
scioccante che io abbia mai ascoltato; un giacimento così ricco, per uno
scrittore, che all’inizio non sapevo cosa portare in superficie”, la
“confessione” spudoratamente franca - liberatoria - di Ruggero getta
lo scrittore biografo in un subbuglio di emozioni che porta a galla il suo
sofferto vissuto. Subbuglio che, con uno stile diretto, sincero e forte,
incisivo ed evocativo, Giannubilo esterna in analisi
psicologiche “chirurgiche” e in potenti flash, intrecciando le sue
vicende con quelle dell’intervistato. Non solo le vicende
dell’uno e dell’altro si intrecciano, è la distanza “umana ed etica” tra i
due ex sconosciuti ad accorciarsi, a causa dell’empatia che lo
scrittore prova per Ruggero. Perché indagare, scoprire quel passato
ha significato per Giannubilo guardarsi dentro, riconoscere di
condividere con l’altro paure, debolezze, contraddizioni, ma anche
l’ansia di lasciare traccia di sé, la necessità di rimanere umano a tutti i
costi.
Infatti, se il Ruggero studente
agitatore del DAMS, per sfuggire alla galera, era finito ostaggio dei Servizi
Segreti, i quali dopo un allucinante training lo avevano destinato come
corriere, killer e risolutore negli scenari di guerra mediorientali e balcanici
più feroci, incredibilmente, tra una “missione” e l’altra, Ruggero-“Squalo” era riuscito
a formarsi come artista e letterato riscuotendo nella sua esistenza parallela
grandi successi - come la Biennale di Venezia. Finché eccessi e abiezioni non
gli presentano un conto salatissimo in termini di totale sfascio psico-fisico.
Ma, nel momento in cui tutto sembra perduto, lo “Squalo” ritrova traccia della
sua umanità annichilita quando diventa padre, e nel momento in cui, durante una
delle ultime “operazioni”, salva una ragazza serba dalle grinfie del suo
aguzzino. Allora trova la forza di iniziare la risalita. Perdono
divino/umano? Catarsi? Conversione?
Il fatto che la salvezza della ragazza sia
accostata al celeberrimo passaggio della “Conversione dell’Innominato”
riportato dal professore biografo (che cede alla tentazione dell’omaggio al
grande Alessandro), sembra chiaro il suggerimento per il
lettore, che non si scolla dalla pagina e rimane con il
fiato sospeso fino all’ultimo rigo in attesa di altri colpi di scena.
E dico “altri” pour cause, in
quanto il romanzo, a parte l’incipit un po’ troppo “riepilogativo”, proietta
subito il lettore in un travolgente film in 3D, ricco di
scene incredibili che gli fanno vivere - come fosse in prima linea - vicende e
momenti mai immaginati, venendo a trovarsi in luoghi dove non avrebbe
mai voluto stare, pur sentendosi dalla parte del protagonista. E con eguale
maestria Giannubilo ricrea humus e umori della mitica
generazione del ’77, la stessa in cui era calato Ruggero, quella
che voleva cambiare il mondo, e che invece era finita sconfitta da AIDS e
droga.
L’indiscutibile abilità del narratore
gli ha consentito di realizzare una biografia a tutto tondo di Ruggero (e dei
membri più significativi della galassia Manzoni), avvincente pur se a tratti
cruda, ardua, raccontata con lucidità e nitidezza, bene orchestrata, capace di
fondere alla perfezione realtà e finzione.
La storia estrema di Ruggero
Manzoni richiedeva, d’altra parte, uno strumento
linguistico adeguato, capace di risucchiare il lettore nel suo vortice, e
quello di Giannubilo si è mostrato all’altezza.
Non solo per la naturalezza con cui lo
scrittore cambia registro passando dal forbito e aulico al gergo da
osteria, non solo per l’ampio respiro offerto dagli
innumerevoli rimandi e suggestioni, ma anche
per l’onda d’urto emotiva che sa scatenare in certe pagine, che sono
da antologia, come quella della visita domenicale di Ruggero bambino alla nonna
“algida”, o come la descrizione visionaria, dal ritmo incalzante,
del brano “Jubilee Street”- che non conoscevo e che, affascinata, ho
cercato su youtube. Infine le pagine sconvolgenti, da pelle d’oca, che fanno
penetrare in certi eventi della storia recente così crudele e oscura
aggiungono ulteriori atouts a “Il Risolutore”,
che si può considerare un romanzo unico nel suo genere.
Rita Frattolillo ©2019 tutti i diritti riservati
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