venerdì 14 aprile 2017

A ricordo di Pietro Corsi - Elogio al contrario



di Mariella DI BRIGIDA*



Questo non vorrebbe essere un elogio post mortem, benché i tempi di scrittura sembrino smentire da principio questa affermazione o pretesa. Va tuttavia riconosciuto che è più facile elogiare e descrivere un uomo avendone preso le giuste distanze temporali e spaziali. Scrivo questo pezzo senza essere ancora sicura di riuscire nell’intento, ma mi piace crogiolarmi nell’illusione di stare scrivendo qualcosa che Pietro possa leggere senza trovarla stucchevole, senza dover necessariamente parlare in modo gentile e affettuoso di chi è stato e ora non è più.

E dunque inizierò col dire ciò che di lui non amavo.


Fumava tanto. Me ne accorsi subito, sin dal primo nostro incontro in una calda domenica di settembre a Casacalenda. Preparavo la mia tesi magistrale sul compaesano Rimanelli. Lo incontrai, 4 anni or sono, nella piazza del paese e insieme andammo nella sua casina in centro. Appena entrati, neanche il tempo di sederci e mi chiese di fumare. Acconsentii: mi sembrava poco gentile negarlo all’unica persona che avrebbe potuto aiutarmi. Mi ascoltava e fumava; ogni tanto interveniva per correggere qualche considerazione. Parlammo a lungo a tal punto che chiese a qualcun altro di accompagnare sua moglie Elsa a Messa; mi sentii in colpa per averlo trattenuto, ma lui mi disse: «È così raro poter parlare di Giose; anche se non l’hai conosciuto mi sembra lo conosca meglio di tanti». Lo riempii di domande, quasi incalzandolo, mentre lui continuava a fumare seduto sul divanetto, di fronte a me, con le gambe accavallate, imperturbabile con la sigaretta stretta tra i polpastrelli gialli.

Continuò a fumare negli incontri che seguirono, al chiuso o per strada, sempre d’estate e sempre nel segno della calma, propria di chi ha imparato dal mare ad ascoltare meditare elaborare.
Fumò anche durante la registrazione del video su L’amapola della Sierra Madre (Ed. Memori, 2015), l’ultimo libro che ha presentato in Molise.

G. Iacobucci, P. Corsi, M. Di Brigida

Non ho mai compreso, poi, l’ostinazione con cui ‘seguiva il sole’ o forse l’ho sempre invidiata.  Un uomo di mare e viaggi, con il senso dell’avventura inciso a chiare lettere che non ha smesso di rincorrere i luoghi, i fusi orari e se stesso. A chi ha giovato tutto questo viaggiare, mi chiedo.

Pietro amava le divagazioni: me ne accorgo ora mentre scorro con la mente a ritroso le occasioni di incontro, rileggo le interviste e le mail. Raccontava aneddoti ed episodi simil-divertenti, passava da un argomento all’altro e poi ritrovava sempre il filo nei suoi discorsi, la stella polare nei suoi viaggi. Sulle prime non amai questo divergere continuo, poi l’ho apprezzato e fatto mio. Per scelte di vita, inclinazione professionale e umana non avrebbe potuto dare alle sue risposte un diverso stile perché il suo parlare aveva la patina di credibilità di viaggiatore e conoscitore del mondo e degli uomini.

È stato un piacere confrontarsi con lui nel primo incontro quando da Rimanelli passammo a parlare di Elsa Morante, Pavese, Moravia. Mi deliziò con gli aneddoti degli anni romani e capii che non era troppo diverso da Giose o da chi, come loro, aveva preso il mare o la strada. Era per lui un modo, in fondo, per parlare di sé e sentirsi meno solo, per dare al suo ‘esserci’ un’illusione di stabilità. Sarà forse questo il motivo per cui continuava ostinatamente a rientrare al suo paese ogni estate. 

Negli incontri successivi, sempre di più imparai da lui: grande ascoltatore, foriero di buone notizie, gioviale, mai annoiato, lettore interessato, giornalista improvvisato in Canada, scrittore per passione.
Rileggendo queste poche righe mi sono accorta di non aver elencato più di due o tre difetti di Pietro e che essi sconfinano nei suoi pregi. Pietro è stato uomo equilibrato, non ha mai smesso di inseguire le sue passioni e il suo esempio avrà lungo corso.

Ma, ora che i suoi córsi divergono dai nostri, ora che le notti di luna piena sono terribilmente più lunghe, ora che tutti noi sentiamo di aver perso la giusta combinazione che ci apra ai segreti dell’amicizia, non possiamo che cercarlo sui pontili delle sue navi, nelle fredde strade canadesi, nella piazza del suo paese, sull’Altipiano messicano fra i campi di papaveri. E mi tornano alla mente le parole con cui descrive Maria, figlia del protagonista Don Bartolo ne L’amapola della Sierra Madre:

Fu così che il suo innocente mondo del Sàbalo cominciò ad essere popolato da fantasmi i quali, anche se non nobili perché lei non aveva mai sentito parlare di nobiltà nel suo paese, erano pur sempre presenti. Cominciarono con l’annunciarsi nei sogni, e quando si convinse della loro esistenza finì col vederli. Di notte li sentiva camminare per i corridoi della casa grande, nel cortile, nei magazzini, nel salone della scuola e spesso restava sveglia per interminabili ore spiandoli dalla porta semiaperta affinché non si accorgessero di lei, perché sperava di potersi confrontare con loro e chiedere spiegazioni sul perché della loro ambigua e scomoda situazione.

Sentiremo anche noi fantasmi camminare di notte, in cortile; resteremo svegli, anche noi, a spiarli. Sperando di incontrarti, proveremo a confrontarci con te per chiederti ancora tante cose.
E sicuramente fumerai, anche ora, da anima-fantasma, nel salottino di casa o nel cortile di don Bartolo o mentre viaggi su rotte sconosciute a noi terreni, su navi da crociera, aerei internazionali o strade polverose di una Mazatlan celeste. Così sia.


Mariella Di Brigida©2017 Tutti i diritti riservati

* Mariella Di Brigida negli ultimi anni ha conosciuto e collaborato con Pietro Corsi.

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