lunedì 10 febbraio 2014

Il rapporto ISTAT sulla lettura in Italia e nel Molise



Molise d’Autore invita i propri lettori a commentare questo interessante articolo dell’amico giornalista Tabasso.


Gli italiani leggono sempre meno. Nel Molise i non-lettori (soprattutto maschi) sono 67 su cento. E diventa preoccupante la differenza tra grandi e piccoli centri. Una politica culturale da ripensare

di Giuseppe Tabasso

Come stiamo a lettura? Male, anzi peggio a sentire gli ultimi dati Istat.
Dal 2012 al 2013 la media dei lettori di libri è scesa dal 46 al 43 per cento, come dire che 57 italiani su cento (soprattutto maschi) fanno tranquillamente a meno di quei confortanti oggetti sui quali viaggia la cultura, l’arte e la memoria del mondo. E nel Molise la media tocca il 67 per cento.
La lettura resta un comportamento nazionale “debole”, considerando “debole” il lettore che legge tre libri all’anno e “forte” chi ne legge uno al mese (13,9%). Il sesso “forte” è quello delle donne: le lettrici sono il 49,3% (erano il 51,9% nel 2012), contro il 36,4% dei lettori (39,7% nel 2012). A leggere di meno (di ben 9 punti) sono soprattutto i maschi tra i 15 e i 17 anni, quella che in genere è (era) l’età della formazione. Attenzione: stiamo perdendo futuro.
Non possiede libri una famiglia su dieci. In coda c’è la Basilicata (21,5), seguita dalle altre regioni del Sud. Il Molise, col 16,9%, se la cava un po’ meglio rispetto all’Abruzzo (16,2).
A livello territoriale c’è il solito spread: nel Nord legge almeno un libro il 50,6% della popolazione di 6 anni e più; nel Centro siamo al 46,8%, ma nel Sud la media è intorno al 30 per cento. Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia superano il 56, mentre Marche, Umbria, Abruzzo e le regioni del Sud sono tutte al di sotto della media (con l’eccezione della Sardegna attestata sul 45,3). Nella graduatoria il Molise registra un 32,4 che ci fa superare Puglia (29,4%), Calabria (29,3%), Campania (28,9%) e Sicilia (27,6%).
Come dire che siamo i primi degli ultimi, ma è una consolazione magra che non risolve i principali fattori di ostacolo, come la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla lettura, il basso livello culturale della popolazione, l’inadeguatezza di politiche pubbliche per incentivare la lettura e l’acquisto di libri nonché, secondo gli editori, la scarsa promozione da parte dei media.
Un altro dato allarmante è la correlazione tra la non frequentazione di libri con  l’esclusione da altre forme di fruizione culturale. I non-lettori cioè hanno un livello di attività culturale sistematicamente inferiore alla media. Esempio: 45 lettori su cento visitano mostre o musei, la quota dei non-lettori è di appena l’11,6%; un terzo di lettori assiste a spettacoli teatrali e visitano siti archeologici e monumenti, mentre in media lo fa meno di un decimo dei non-lettori.
A proposito di consuetudini culturali, aggiungo per curiosità che da un’indagine Radiomonitor, le prime tre emittenti radiofoniche a diffusione nazionale più ascoltate nel Molise risultano in un giorno medio: RDS, grandi successi (49 contatti): RTL (42) e Radio kiss kiss (39). Invece Radio 1 (Rai) è a quota 21, Radio 2 scende a 11, e precipita addirittura a soli 4 eroici ascoltatori la rete più colta d’Italia: Radio 3.
Quanto a propensioni mediatiche e di lettura, sarebbe interessante scorporare i dati molisani sull’acquisto di settimanali (la suggerisco come tesi di laurea a chi studia scienze della comunicazione). Dai dati nazionali emergono infatti costumi molto rivelatori. Se ad esempio sommiamo le copie settimanalmente vendute (ottobre 2013) da Sorrisi e CanzoniTV (583,442), Dipiù (530,890), Telesette (428,840), DipiùTV  (345,120), Telepiù (158,750) e VeroTV (156,114) si arriva alla ragguardevole cifra di 2 milioni 209,156 copie, corrispondente ad almeno 5/6 milioni di lettori il cui nutrimento culturale promana evidentemente più dalla televisione che dalla lettura di libri.
Il contesto urbano è considerato un elemento condizionante di comportamenti culturali e di accesso alla lettura. Il rapporto Istat, rileva infatti che l’incidenza negativa dei non-lettori è maggiore in centri di minore ampiezza demografica e supera il 63 per cento nei Comuni fino a 2.000 abitanti. E’ questa la scatola nera del “molisolamento”: zone con possibilità di ascesa culturale e altre in speculare recessione. Per una regione così piccola è una disuguaglianza sociale inaccettabile sulla quale dovrebbero concentrarsi istituzioni scolastiche, culturali, imprenditoriali, mediatiche e soprattutto pubbliche, cui spetta ripensare coraggiosamente a fondo tutte le politiche culturali finora perseguite e mettere finalmente mano a un vero sistema bibliotecario regionale.
Non commento un recente intervento di Vincenzo Lombardi in difesa della istituzione bibliotecaria che così meritoriamente dirige, voglio solo ricordare che dove funzionano le biblioteche funzionano meglio anche gli ospedali.
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Poiché Rita Frattolillo non è riuscita ad inserire il suo commento, perché troppo lungo, lo aggiungo io sotto il pezzo di Giuseppe Tabasso. (BB):
Rita Frattolillo risponde a Giuseppe Tabasso

L’articolo dell’amico Tabasso sul rapporto Istat sulla lettura tocca un nervo scoperto particolarmente doloroso, ed è davvero difficile non condividere la preoccupazione che emerge chiaramente dalle sue parole. Purtroppo, che gli italiani non siano dei lettori forti, non è una novità, anche se gli attuali dati, indicanti una ulteriore discesa, danno ancora più da pensare. Metto subito da parte il paradosso che gli italiani, a quanto pare, non leggono, ma in compenso scrivono, dal momento che annualmente siamo inondati da una marea di libri di ogni genere e valenza….E cancello dalla mente anche l’immagine dei tanti viaggiatori in metro o in treno che vedo regolarmente assorti in lettura (il più delle volte di romanzi). Sono entrati anch’essi nel novero dell’inchiesta Istat? E poi, sono stati intervistati tutti quelli che scaricano on line libri interi, o leggono (beati loro, io non ne sono capace perché preferisco toccare voluttuosamente la carta stampata) direttamente sul loro tablet? E quelli che chiedono i libri in prestito alle biblioteche? Io stessa, che per il sovraccarico della mia libreria sono costretta a limitarmi negli acquisti e ricorro spesso al prestito (solitamente alla biblioteca “Albino”, il cui direttore V. Lombardi e il cui personale sono da segnalare per la disponibilità e la creatività delle iniziative), sono tra i numerosi che approfittano di questa possibilità. Comunque, a parte questi elementi che qualche diavoletto malizioso mi insinua nella mente, vengo al punto. Scrittori,  intellettuali e addetti ai lavori si sono ciclicamente affannati a trovare la ricetta giusta per far nascere oppure far crescere nei giovani la voglia alla lettura. Gira e rigira, si arriva sempre e comunque alle medesime conclusioni: il fulcro di tutto sono famiglia e scuola. E, manco a dirlo, anche il peso e la responsabilità degli esiti. L’esperienza vissuta ci insegna che dal racconto della favola serale al proprio bimbo in attesa che (grazie a Dio) crolli dal sonno alla conquista della lettura autonoma da parte dello stesso bimbo quando sarà in età scolare, il passo è breve. E non smetterà più di leggere, specie se in giro per casa troverà qua e là, anziché giocattoli, libri bellissimi, illustrati, adeguati alla sua età. Si comincia sfogliando, guardando le figure, chiedendo, e la curiosità nasce, aumenta, il bambino non vedrà l’ora di apprendere a decodificare quei segni strani che sono i caratteri alfabetici. Ma, se mancano i soldi per i libri, occorre ricordare che esistono le biblioteche, da non sottovalutare perché svolgono una funzione egregia, sono bene attrezzate anche per il settore infantile, creando spazi esclusivamente per loro, con scaffali pieni di giochi educativi e libri per quell’età. Ora che sono nonna, noto con piacere che due dei miei nipotini milanesi, seconda e quarta elementare, frequentano la biblioteca con tutta la scolaresca, e settimanalmente ne tornano con un libro scelto da loro, che devono anche commentare e illustrare con disegni a colori. Della serie: abituiamoli fin da piccoli ad avvicinarsi ai luoghi del sapere e spingiamoli ad essere curiosi.
Conosco anche mamme che, appena possono, portano i loro bimbi lì, in biblioteca, anziché al parco, e di certo non sbagliano. Perché hanno capito che bisogna in ogni modo inculcare, fin dagli anni più teneri, l’idea che leggere significa libertà vera, quella che nessuno mai ti potrà scippare: libertà di penetrare in mondi altri, di cavalcare l’avventura, di librarsi in volo con la fantasia. E che leggere aiuta a crescere, ad allargare i propri orizzonti, a riflettere, dando la possibilità di conoscersi nel profondo.
Chi legge, non è mai veramente solo, e se il ragazzo continua a opporre “resistenza” alla lettura, deve essere il genitore attento o l’insegnante ad avviarne una, fatta ad alta voce e scelta accuratamente tra quelle capaci di suscitare l’interesse  del recalcitrante, il quale, un po’ alla volta, sarà costretto ad arrendersi alla curiosità di conoscere il seguito! A qualche ragazzo particolarmente sordo alle Sirene della lettura, e che apprezza poco o niente tutto ciò che è a portata di mano – poco importa che sia un libro o un diritto costato lacrime e sangue – basta mettere davanti l’esempio dirompente di Malala, che, pur così giovane, ha pienamente afferrato il valore insostituibile della conoscenza, tanto da rischiare la vita continuando ad andare a scuola.
 Sono passati anni luce da quando la mia prof di Lettere, a Roma, si presentava in classe con il registratore, pronta a farci sentire brani letterari letti dai vari Vittorio Gassman e G. Albertazzi,  oppure entrava carica di libri di ogni genere. Ed era difficile resistere alla voglia di prenderne qualcuno, dopo che lei ce lo aveva meravigliosamente illustrato! Anch’io, anni dopo, in qualità di docente, come molti altri miei colleghi,  ho seguito quelle orme, nella strategia portata avanti per incitare e coinvolgere gli alunni alla lettura, con qualche variante suggerita anno dopo anno dal profilo della classe e dalle nuove tecnologie, e devo dire che i risultati sono stati all’altezza delle aspettative.
 Tabasso si auspica, nella chiusura del suo pezzo, un decisivo cambio di rotta di “tutte” le politiche culturali finora attuate. Ma il suo è purtroppo solo un pio desiderio, dal momento che quando si ravvisa una stretta economica, la scure dei tagli si abbatte  immancabilmente e regolarmente sulla voce “istruzione, cultura e ricerca”. Si comincia a risparmiare sempre da lì, e non è certo una novità. Basta dare uno sguardo a certi documenti molisani dell’Ottocento per rendersi conto che fin dalla sua nascita l’istituzione scolastica è stata (mal)trattata come una Cenerentola, a cui destinare misere risorse, malgrado le aspettative e le illuminate proposte di personalità del calibro di V.Cuoco o dei Pepe, per tacere di altri pensatori. Lascia l’amaro in bocca leggere come venivano formate e reclutate le maestre, e in quali condizioni penose dovevano lavorare con i bambini. Per non parlare dei loro modesti stipendi, che raramente arrivavano puntuali alle destinatarie! A distanza di quasi due secoli, e fatte le debite differenze, cambiano i governi, ma continuiamo ad assistere alla stessa  mania risparmiosa ogni qualvolta si tratta di incentivare le risorse per istruzione, cultura per il prezioso patrimonio dei Beni culturali che tutto il mondo ci invidia! E mentre per le altre nazioni il buon livello della cultura è considerato un bel fiore all’occhiello, in Italia è ancora di là da venire, nella classe politica, la nozione che lo stato effettivo di civiltà di un Paese si misura sulla condizione dei suoi Beni culturali e delle istituzioni di quel settore declinate in tutti i  loro gradi.
Emblema sconsolante e incontrovertibile dello stato reale delle cose è l’abbandono e la fatiscenza in cui versano gli edifici scolastici, luoghi per definizione deputati alla formazione e alla crescita dell’individuo, che cadono a pezzi sotto gli occhi di tutti per mancanza di fondi, senza che qualcuno alzi un dito. Non credo occorra aggiungere altro, perciò, caro Giuseppe, non possiamo che rimboccarci le maniche, come al solito, e, come cittadini, fare ognuno la propria parte, senza aspettarci niente “dall’alto”. E non dimentichiamo gli uomini di buona volontà – capaci di mettere al proprio servizio didattico l’onnipresente mondo della rete – che, malgrado l’annunciata defezione dei 14mila, fortunatamente nella Scuola sono ancora tanti e si danno da fare, perché non c’è niente di più esaltante che partecipare dinamicamente alla formazione delle nuove generazioni e sentirsene, perché no, anche un po’ protagonisti.

6 commenti:

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  2. A Campobasso, posso assicurare, non c’è carenza di biblioteche. Anzi, abbiamo la più importante di tutto il Molise, l’Albino, gestita in modo davvero ammirevole dal suo direttore Vincenzo Lombardi, ma anche dal personale che si dedica con passione alla propria attività e che insieme hanno animato in tutti i modi la loro biblioteca per attirare pubblico. Anche le altre biblioteca non sfigurano e, i lettori, in questa città, sono sollecitati in tutti i modi.
    Ma, malgrado ciò, questa statistica dimostra che i lettori da noi sono sempre meno. La situazione sembra peggiorare di anno in anno perché al giorno d’oggi c’è il pericolo che gli sparuti lettori rimasti vengano inghiotti da internet che, con i suoi social network, riesce a calamitare l’attenzione del pubblico giovane. Anch’io, malgrado mi sia rifiutata di iscrivermi a Facebook, Twitter e altri social, ogni giorno mi vedo sottratta una fetta del mio tempo dai vari blog, siti, le infinite informazioni giornalistiche, letterarie, storiche, scientifiche. In questo, vedo poche soluzioni se non la voglia di gustare buoni libri, come si gusta del buon vino. Ma è anche per noi “grandi lettori” è difficile districarsi tra i tantissimi libri che escono ogni anno in Italia.
    Comunque rimane molto da fare per invogliare e appassionare i futuri lettori. Per questo bisogna cominciare dai piccolissimi. E i genitori, in primis, devono leggere delle storie ai loro pargoletti, poi la scuola elementare che deve permettere ai ragazzini di cimentarsi con ciò che piace loro: dai fumetti ai libri divertenti o intriganti per ragazzi come il topaccio Geromino Stilton, per esempio. Poi le medie, che devono fare la loro parte, offrendo libri per ragazzi. La cosa più negativa è far leggere un libro e pretendere che gli studenti rispondano a delle domande minuziose sulla lettura che hanno fatto (cosa che fanno spesso gli insegnanti) e che, invece, è il sistema più SICURO per allontanare il futuro lettore… Per quelle classi difficili, ci sono stati professori di italiano che hanno iniziato la lezione con dieci minuti di lettura ogni volta. Alla fine il risultato c’è stato perché i ragazzi, pur di sapere come andava a finire la storia letta dall’insegnate, se lo sono comperati da soli il libro!
    Consigliere per esempio ai prof di adeguarsi ai tempi, chiedendo ai loro studenti di lanciare un tweet sul libro letto, premiando poi il migliore (scelto però dai ragazzi).
    Vorrei inoltre chiedere a quei genitori che non vorrebbero mai cacciare soldi per l’acquisto di libri per la scuola: ma quante figurine comperate ai vostri figli senza fiatare? Di quanti giocattoli inutili avete invaso le vostre case? Pensate che un bell’astuccio o un bel zainetto valga più di un buon libro?

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  3. E' vero: si legge poco, si legge meno. Le statistiche lo documentano in modo chiaro e incontrovertibile.
    Del resto, le nuove generazioni, allevate in mezzo a video di ogni tipo e dimensione, preferiscono guardare e ascoltare di tutto di più, piuttosto che leggere, parlare, scrivere...
    E la madre di tutte le disgrazie è proprio l'aver dismesso la buona pratica della lettura, il fatto cioè che i nostri giovani abbiano perso, anzi non abbiano mai preso, la buona abitudine di leggere...
    Del resto nel film "Le strade del Signore sono finite", Massimo Troisi con una battuta giustifica e sdogana sorridendo tutti quelli che non leggono e non vogliono leggere:

    "Io non leggo. Cosa leggo a fare?
    Quelli sono milioni a scrivere e io,
    uno solo a leggere!!!"

    E la scuola può fare qualcosa per invertire la tendenza alla "non lettura"?
    Forse sì, ma non con la coercizione
    Gli insegnanti se ne devono fare una ragione: non si può né si deve costringere i propri alunni a leggere, altrimenti per loro la lettura sarà assimilata a tutti gli altri compiti,
    spesso noiosi e faticosi, che devono svolgere a casa e a scuola...

    Come fare allora in modo che leggere diventi per loro quello che è stato ed è
    per noi, un'altra dimensione, parallela o alternativa, a quella della vita reale, in cui riposare il corpo e sbrigliare il cervello, in cui rifugiarsi, fugare la noia, acquietare l'angoscia, trovare pace, vivere l'avventura...?
    Ecco la risposta, condivisibile, di un collega:
    Secondo me bisogna fare in modo che i ragazzi si appassionino alle storie. Raccontargliele, sapergliele raccontare, far germogliare il gusto per la narrazione...

    Sì, anche Daniel Pennac suggerisce questa strategia in "Come un romanzo".
    "Partendo dalla constatazione che i giovani d'oggi non sono interessati a leggere,
    egli cerca di individuare i motivi di questo rifiuto e propone alcune soluzioni per far riscoprire il piacere della lettura agli studenti di una scuola superiore..."

    Tra le strategie da lui individuate c'è anche la lettura ad alta voce:

    - Bene - , dice il prof, visto che non vi piace leggere... sarò io a leggervi dei libri.-
    "Senza transizione, apre la cartella e tira fuori un librone grossissimo, un affare cubico, veramente enorme, dalla copertina patinata. Quanto di più impressionante si possa immaginare in fatto di libri."

    Si tratta del romanzo di Patrick Suskind "Il profumo", da cui è stato tratto anche un film.
    E così, leggendo loro a voce alta ogni giorno alcune pagine del libro, riesce ad incuriosire, e poi ad interessare, i suoi alunni alla lettura... e il gioco è fatto.
    Oggi però si sta affermando un altro modo, più tecnologico, per far appassionare i giovani alla lettura...
    ...ma di questo parlerò la prossima volta.

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  4. Sono d’accordo con la Bertolini. Io sono considerata una “grande lettrice” poiché spolpavo, fino a poco fa, vari libri al mese. Ma il tempo, ora, mi manca. Troppe cose da leggere. Ha ragione Troisi, come riporta la prof. Perrotta, io sono sola e gli scrittori troppo numerosi!

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  5. A Natale, sotto lo sguardo scettico di mio marito, ho scelto come regalo per mia madre un lettore di ebook, inserendo una decina di libri scaricati da internet. Premetto che mia madre non è mai stata una grande lettrice: forse un romanzo all’anno e qualche rivista settimanale di tanto in tanto. Ebbene con la meraviglia di tutti, mamma sta leggendo con piacere i libri dell’ereader e mi ha chiesto di scegliere insieme i prossimi. Il motivo è che lo schermo retroilluminato e la possibilità di ingrandire i caratteri permette una piacevole lettura. Ecco, quindi, un buon argomento per gli anziani che hanno senz’altro più tempo di noi per leggere!

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  6. Da insegnante, mi riesce difficile immaginare una strategia ottimale per avvicinare i ragazzi alla lettura, anzi per riavvicinarli, poiché sembra che la narrativa per l'infanzia e gli young adults non stia poi così male. Magari la percezione non è del tutto veritiera, essendo le vendite di questo tipo di produzione parecchio legate al periodo natalizio, o comunque alle occasioni in cui il libro, come regalo, e considerato sia economico che istruttivo. Insomma: ci si può domandare quanti di questi testi donati vengano poi effettivamente letti, ingenerando un'abitudine, e quanti vengano solo sfogliati e poi abbandonati. Viene il sospetto, dati i risultati, che la seconda ipotesi sia plausibile....
    E come mai il numero dei non lettori e dei lettori debolissimi, pur riguardando la cultura dell'immagine e di internet tutto il mondo occidentale, risulta particolarmente sconfortante, per non dire drammatico, soprattutto in Italia?

    Invocare la crisi non basta. Anzi, spesso nei periodi di crisi si legge di più, si frequentano di più cinema e teatri, ci si coltiva lo spirito per far fronte ai problemi della società e del lavoro...

    La cultura del Drive in ci ha condotti a questo punto? La mancanza di punti di riferimento, la deregulation, il lassismo più che la tolleranza, la diffusa corruzione, i cattivi esempi che vengono dall'alto, l'ignoranza che sembra vincere, un consumismo assai poco intelligente, anzi volgare e materialistico, ci hanno chiuso gli occhi della mente, ucciso l'immaginazione, impoverito umanamente?

    Come e possibile sfuggire dalla magia dei libri che ci portano il mondo in casa, ci fanno diventare altre persone, vivere altre vite, viaggiare, riflettere, pensare?
    Dovremmo inventarci letture di gruppo nelle scuole, nelle piazze, negli uffici? Io ci sto

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