Per chiarire il profilo del grande letterato molisano, ecco la sua biografia tratta da "Molisani, milleuno profili e biografie" di Barbara Bertolini e Rita Frattolillo, ed. Enne:
D'OVIDIO Francesco
Campobasso, 1849 ‑ Napoli, 1925
Nato a Campobasso da padre triventino, compie gli studi secondari a Napoli. Ammesso per concorso a frequentare la Scuola normale di Pisa, è allievo di A. D'Ancona e D. Comparetti. Quest'ultimo, riconoscendo il valore del giovane, gli propone la recensione di un saggio del tedesco E. Bohmer. La trattazione filologica della tematica riscuote l'attenzione ammirata di N. Tommaseo. La tesi di laurea (Sull'origine dell'unica forma flessionale del nome italiano), discussa nel 1870, lodata da G. Ascoli, pubblicata a Pisa, mostra la linea d'interesse per la glottologia, e la perizia e la competenza sul terreno in cui dominava F. Diez. Anche la tesi di perfezionamento (1874) è pubblicata dall'Archivio glottologico italiano (Agi). Nel 1873 comincia a insegnare latino e greco al liceo di Bologna e poi al Parini di Milano. Nel 1876 il ministro della Pubblica Istruzione Ruggero Bonghi gli offre, per gli alti meriti in campo filologico e letterario, la cattedra appena istituita di lingue neolatine presso l'Università di Napoli, che D'Ovidio accetta, e che mantiene fino al termine dell'esistenza, profondendo nella docenza passione e grande genialità. Nella stessa università insegna anche grammatica greca e latina, letteratura dantesca e italiana. Ricopre incarichi di responsabilità e prestigio; vicepresidente della classe di scienze morali (1905‑16), socio e presidente del Circolo filologico di Napoli, presiede dal '16 al '20 l'Accademia dei Lincei, è socio dell'Accademia della Crusca, dell'Accademia Pontaniana, membro della Società reale di Napoli; diviene senatore del Regno nel 1905, a pochi mesi dall'analoga nomina conferita al fratello Enrico, insigne matematico. Muore a Napoli, dopo che ormai da tempo i suoi disturbi alla vista lo avevano portato alla cecità completa. Si delineano fin dagli anni dell'università le aree d'interesse glottologico, filologico linguistico e critico su cui D. programma e prosegue gli studi per tutta la vita accademica. Nel filone glottologico, inaugurato dalla tesi di laurea, si pongono il saggio Fonetica del dialetto di Campobasso (Agi, 1878), lavoro «destinato ad esercitare un influsso assai marcato sui modi e le forme della poesia dialettale molisana del Novecento» (Martelli‑Faralli); la Grammatik der italienischen Sprache (con W. Meyer Lubke, 1905; traduzione italiana Grammatica storica della lingua e dei dialetti italiani, 1906); Introduzione agli studi neo‑latini. Spagnolo (con E. Monaci, 1879); Introduzione agli studi neo‑latini. Portoghese (con E. Monaci, 1881). Sono collegate a questo tipo di studi le indagini filologico‑linguistiche, tra cui spiccano quelle su Dante e Manzoni. Sono qui da menzionare i tre volumi Versificazione romanza. Poetica e poesia medioevale, che comprendono, tra l'altro, l'analisi di testi antichi e l'origine dei versi romanzi (Il ritmo cassinese, Il contrasto di Cielo D'Alcamo; Sull'origine dei versi italiani; Versificazione e arte poetica medievale; Sulla più antica versificazione francese). Sulla stessa linea d'interesse si collocano i contributi raccolti in Varietà filologiche. Scritti di filologia classica e di lingua italiana (1874) e gli interventi riguardanti la questione della lingua (La lingua dei Promessi Sposi nella prima e seconda edizione, 1880; Le correzioni ai Promessi Sposi e la questione della lingua, 1882) con cui interviene nella querelle tra A. Manzoni e G. Ascoli. La posizione moderata di D'Ovidio si definisce con l'ipotesi di adottare il fiorentino, secondo il suggerimento di Manzoni, corretto però dalla lingua della tradizione letteraria. Tale posizione fu apprezzata da Croce, che pure riservò un giudizio severo alla metodologia critica e analitica seguita da D., poiché la considerava un condensato delle attitudini negative del letterato italiano, impegnato su vacue questioni accademiche. La severità di Croce si appuntava particolarmente sui saggi più numerosi di D., quelli danteschi (Studi sulla Divina Commedia, 1901; Nuovi studi danteschi, 1906,1907) e manzoniani. In realtà il metodo dovidiano non è pienamente riconducibile all'interno della scuola storica, poiché egli, prendendo le distanze da De Sanctis, si ispirava ad un ideale equilibrio di scrupolosa ricerca e di intuizione. Il gusto dovidiano per le questioni minori, una piuttosto scarsa sensibilità storica, appaiono più evidenti quando l'indagine critica affronta i massimi esponenti della letteratura italiana, come Dante e Manzoni. Al periodo giovanile, da alcuni, come lo stesso Croce, considerato il suo momento critico migliore, appartiene il lavoro Il carattere, gli amori e le sventure di Torquato Tasso (1879). Una serie di interventi di genere diverso sono raccolti in Varietà critiche, che contengono, tra l'altro, studi su Leopardi. L'ampiezza degli interessi porta D'Ovidio ad essere presente per diversi decenni nella vita culturale e politica del giovane Stato italiano. Presiede il consiglio d'amministrazione dell'Istituto Orientale di Napoli, partecipa ai congressi pedagogici, interviene sui programmi scolastici, lavora senza tregua. Collabora a molti periodici (La Perseveranza, ilCorriere della sera, Il Giornale d'Italia, Nuova Antologia, etc.) trattando argomenti politici, amministrativi, civili. Un posto a parte nella produzione dovidiana occupa il volume Rimpianti (1903, ritratti degli uomini insigni del Risorgimento e del periodo postunitario), che testimonia la vitalità della sua presenza sociopolitica ed accademica. L'intenso amore per il Molise si è manifestato, oltre che attraverso scritti, tra cui Nel primo centenario della Provincia di Molise (1911), con un contributo costante ed elevato al progresso spirituale e materiale della sua terra. Alla sua morte, la realizzazione di un busto che lo ricordasse alla memoria dei concittadini, da collocare nella omonima piazza, a Campobasso, è stata affidata allo scultore Enzo Puchetti. Alla commemorazione del 25esimoanniversario della morte di D'Ovidio (1950), interviene il capo dello Stato Luigi Einaudi. È la prima visita di carattere eccezionale nel Molise, dopo quella del re Umberto I nel 1905.
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