mercoledì 8 novembre 2017

Ekaterina, romanzo storico della molisana Marialuisa Bianchi



di Rita Frattolillo


Ekaterina (End, 2017, pp.383, 15 euro) di Marialuisa Bianchi è un bell’esempio di come in un romanzo storico si possa armonizzare la rigorosa ed eminente formazione storica dell’A. – che si dispiega appieno soprattutto nella potente rappresentazione della Firenze medicea – con la capacità di legare documenti autentici con storie e personaggi di pura invenzione letteraria. Che non sia il “solito” romanzo si coglie fin dall’incipit, quando il lettore si trova trasportato tra i boschi di betulle della terra russa, evocati con rimpianto dalla giovane protagonista, Ekaterina. Evocazioni disseminate quale leit-motiv lungo tutta la narrazione, a figurare il persistente richiamo delle radici nella giovane schiava russa – giunta a Firenze contro la sua volontà – ma anche a dare consistenza all’ombra protettrice della ragazza, la nonna (Babushka), che appare per magia nei momenti peggiori a infonderle fiducia ed energia.


Mentre scorre da una pagina all’altra l’ampio, vivace e particolareggiato affresco della culla del Rinascimento, con le sue cupole, le torri, le strade, i quartieri malfamati, i contadi e le taverne, mentre risuonano i nomi dei Rucellai, degli Strozzi, dei della Casa, ecc., tutti  nomi che hanno fatto grande e famosa nel mondo Firenze, il lettore si rende conto che l’A. ha scelto di mettere a nudo con disincanto quel periodo storico, forse troppo mitizzato nell’immaginario collettivo a causa dei mirabili esiti artistici e culturali raggiunti. Emerge così una comunità governata dallo strapotere maschile, dominata da una mentalità comune intrisa di superstizione e pregiudizi, assistita da un clero generalmente codardo e opportunista.

Agli antipodi rispetto al  feed-back etnico-culturale piuttosto primitivo di Ekaterina, si trova  dunque Firenze, con i suoi fermenti e le sue turbolenze. Lì è approdata la ragazza, venduta a un ricco mercante, per vivere una quotidianità fatta di soprusi e violenze di ogni genere, che fortunatamente non cancellano la sua indole di candida meraviglia, tant’ è che la schiava continua a guardare con occhio “nuovo” monumenti e persone. Uno sguardo “nuovo” in cui si riflette per contrasto l’agiata esistenza dei potenti, dediti agli affari come alla soddisfazione dei propri nascosti – perché indicibili – impulsi sessuali.

Disgraziatamente il caso di Ekaterina, che è guardata ovunque con sospetto e disprezzo perché schiava e per giunta straniera, non era  affatto isolato, poiché fin dal Trecento era molto fiorente il mercato delle ragazze dell’Est – strappate alle loro case e comprate dai ricchi d’Italia per svolgere qualunque lavoro finché non finivano nei bordelli o uccise. Marialuisa Bianchi ha dunque alzato il velo -un velo pesante- su questo fenomeno pressoché sconosciuto, e il lettore si trova impigliato in una narrazione tourbillonante, avventurosa e appassionante, ricca di colpi di scena, dove alle vicende travagliate di Ekaterina, segnata dalla sorte anche in quanto donna  - e come tale priva di qualsiasi considerazione -, si intersecano gli eventi dell’ambiente circostante. Ambiente in cui l’A. inserisce  documenti, fatti, aneddoti e figure (tra cui  il vescovo Antonino Pierozzi e Alessandra Macinghi, madre di Filippo Strozzi) emersi durante i suoi studi.

Tra le pagine del romanzo anche l’antropologo  trova materia interessante,  e mi viene da menzionare, in quanto particolarmente intrigante per i campobassani, la processione per la festa di San Giovanni patrono di Firenze, mirabilmente descritta con il particolare degli ingegni metallici costruiti dal Brunelleschi, e straordinariamente somiglianti agli ingegni del Di Zinno realizzati per i Misteri del Corpus Domini tre secoli dopo. Oppure la scena del matrimonio di monna Vaggia con l’annessa questione della dote (obbligatoria per le donne), perfettamente sovrapponibile al rito matrimoniale di Altabella di Sangro, avvenuto nella stessa tornata di tempo. Ma c’è di più, perché l’A., grazie all’accurata descrizione del vestiario e delle acconciature, delle tradizioni alimentari, riesce a immergere ancora di più il lettore nel clima di Firenze, dove la pur fugace apparizione di Cosimo dé Medici a cavallo con il nipotino Lorenzo risuona per tutto il romanzo, pari a quella di un Augusto imperatore.
Marialuisa Bianchi, presentazione libro a Campobasso

Nella scrittura, particolarmente sontuosa nelle descrizioni di monumenti e opere pittoriche, è palpabile il feed-back culturale dell’A., sia nell’ampio spettro dei rimandi letterari, come quello che paragona le colonne del tempio a tronchi d’albero di una foresta (Chateaubriand e Baudelaire), sia nelle frequenti citazioni dei beneamati Dante e Boccaccio. Né mancano sprazzi sul patrimonio tradizionale russo. Certo, viene da pensare che Ekaterina scriva troppo bene in italiano, per essere una schiava russa autodidatta, e che la sorte le sorrida un po’ troppo quando durante la sua fuga verso la libertà incontra ben due “fatine” (Gemma e monna Ghisola), ma   sono  appunti senza rilievo, specie guardando al positivo messaggio finale di questo avvincente romanzo, che ci consegna una figura femminile fiera e generosa, determinata nella sua accanita ricerca di libertà  malgrado le circostanze nefaste. Come la mitica araba fenice Ekaterina, infatti, rinasce dalle sue ceneri cancellando un tormentato passato, e  confermando la capacità delle donne di affrontare  le difficoltà senza mai arrendersi.

RitaFrattolillo©2017Tutti i diritti riservati

Biografia di Marialuisa Bianchi:

Nata a Campobasso vive e lavora a Firenze dove ha conseguito la laurea in storia medievale. Docente da vari anni nelle scuole superiori, oltre all’attività didattica si è dedicata alla ricerca storica e si è occupata di promozione culturale, in particolare nell’associazione fiorentina “Il giardino dei Ciliegi”. Ha  al suo attivo vari saggi sulla storia fiorentina, tra cui La grande storia dell’artigianato: il 400, pubblicato da Giunti. Si è occupata anche del Molise realizzando il convegno “La selvatica timidezza di Lina Pietravalle” e curando un saggio nel volume “Campobasso capoluogo del Molise” (2008) . Ha inoltre pubblicato i racconti Vie di Fuga. Storie per adolescenti (Franco Angeli 2005) e, nel 2009, il testo teatrale Apparizioni. Tre atti liberamente ispirati al romanzo Signora Ava di F. Jovine (Filopoli).  

1 commento:

  1. Ho trovato molto attenta questa lettura di Rita e precisa nell'esposizione. grazie

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