di Rita Frattolillo
Ekaterina (End, 2017,
pp.383, 15 euro) di Marialuisa Bianchi è un bell’esempio di come in un romanzo
storico si possa armonizzare la rigorosa ed eminente formazione storica dell’A.
– che si dispiega appieno soprattutto nella potente rappresentazione della
Firenze medicea – con la capacità di legare documenti autentici con storie e
personaggi di pura invenzione letteraria. Che non sia il “solito” romanzo si
coglie fin dall’incipit, quando il lettore si trova trasportato tra i boschi di
betulle della terra russa, evocati con rimpianto dalla giovane protagonista,
Ekaterina. Evocazioni disseminate quale leit-motiv
lungo tutta la narrazione, a figurare il persistente richiamo delle radici
nella giovane schiava russa – giunta a Firenze contro la sua volontà – ma anche
a dare consistenza all’ombra protettrice della ragazza, la nonna (Babushka),
che appare per magia nei momenti peggiori a infonderle fiducia ed energia.
Mentre scorre da
una pagina all’altra l’ampio, vivace e particolareggiato affresco della culla
del Rinascimento, con le sue cupole, le torri, le strade, i quartieri
malfamati, i contadi e le taverne, mentre risuonano i nomi dei Rucellai, degli
Strozzi, dei della Casa, ecc., tutti
nomi che hanno fatto grande e famosa nel mondo Firenze, il lettore si
rende conto che l’A. ha scelto di mettere a nudo con disincanto quel periodo
storico, forse troppo mitizzato nell’immaginario collettivo a causa dei
mirabili esiti artistici e culturali raggiunti. Emerge così una comunità
governata dallo strapotere maschile, dominata da una mentalità comune intrisa
di superstizione e pregiudizi, assistita da un clero generalmente codardo e
opportunista.
Agli antipodi
rispetto al feed-back etnico-culturale piuttosto
primitivo di Ekaterina, si trova dunque Firenze,
con i suoi fermenti e le sue turbolenze. Lì è approdata la ragazza, venduta a
un ricco mercante, per vivere una quotidianità fatta di soprusi e violenze di
ogni genere, che fortunatamente non cancellano la sua indole di candida
meraviglia, tant’ è che la schiava continua a guardare con occhio “nuovo”
monumenti e persone. Uno sguardo “nuovo” in cui si riflette per contrasto l’agiata
esistenza dei potenti, dediti agli affari come alla soddisfazione dei propri
nascosti – perché indicibili – impulsi sessuali.
Disgraziatamente
il caso di Ekaterina, che è guardata ovunque con sospetto e disprezzo perché
schiava e per giunta straniera, non era
affatto isolato, poiché fin dal Trecento era molto fiorente il mercato
delle ragazze dell’Est – strappate alle loro case e comprate dai ricchi
d’Italia per svolgere qualunque lavoro finché non finivano nei bordelli o uccise.
Marialuisa Bianchi ha dunque alzato il velo -un velo pesante- su questo
fenomeno pressoché sconosciuto, e il lettore si trova impigliato in una
narrazione tourbillonante,
avventurosa e appassionante, ricca di colpi di scena, dove alle vicende
travagliate di Ekaterina, segnata dalla sorte anche in quanto donna - e come tale priva di qualsiasi
considerazione -, si intersecano gli eventi dell’ambiente circostante. Ambiente
in cui l’A. inserisce documenti, fatti,
aneddoti e figure (tra cui il vescovo
Antonino Pierozzi e Alessandra Macinghi, madre di Filippo Strozzi) emersi
durante i suoi studi.
Tra le pagine del
romanzo anche l’antropologo trova
materia interessante, e mi viene da
menzionare, in quanto particolarmente intrigante per i campobassani, la
processione per la festa di San Giovanni patrono di Firenze, mirabilmente
descritta con il particolare degli ingegni metallici costruiti dal
Brunelleschi, e straordinariamente somiglianti agli ingegni del Di Zinno
realizzati per i Misteri del Corpus Domini tre secoli dopo. Oppure la scena del
matrimonio di monna Vaggia con l’annessa questione della dote (obbligatoria per
le donne), perfettamente sovrapponibile al rito matrimoniale di Altabella di
Sangro, avvenuto nella stessa tornata di tempo. Ma c’è di più, perché l’A.,
grazie all’accurata descrizione del vestiario e delle acconciature, delle
tradizioni alimentari, riesce a immergere ancora di più il lettore nel clima di
Firenze, dove la pur fugace apparizione di Cosimo dé Medici a cavallo con il
nipotino Lorenzo risuona per tutto il romanzo, pari a quella di un Augusto
imperatore.
Marialuisa Bianchi, presentazione libro a Campobasso |
Nella scrittura,
particolarmente sontuosa nelle descrizioni di monumenti e opere pittoriche, è palpabile
il feed-back culturale dell’A., sia nell’ampio spettro dei rimandi letterari,
come quello che paragona le colonne del tempio a tronchi d’albero di una
foresta (Chateaubriand e Baudelaire), sia nelle frequenti citazioni dei
beneamati Dante e Boccaccio. Né mancano sprazzi sul patrimonio tradizionale
russo. Certo, viene da pensare che Ekaterina scriva troppo bene in italiano,
per essere una schiava russa autodidatta, e che la sorte le sorrida un po’
troppo quando durante la sua fuga verso la libertà incontra ben due “fatine”
(Gemma e monna Ghisola), ma sono appunti senza rilievo, specie guardando al
positivo messaggio finale di questo avvincente romanzo, che ci consegna una
figura femminile fiera e generosa, determinata nella sua accanita ricerca di
libertà malgrado le circostanze nefaste.
Come la mitica araba fenice Ekaterina, infatti, rinasce dalle sue ceneri
cancellando un tormentato passato, e
confermando la capacità delle donne di affrontare le difficoltà senza mai arrendersi.
RitaFrattolillo©2017Tutti
i diritti riservati
Biografia di Marialuisa Bianchi:
Nata a Campobasso
vive e lavora a Firenze dove ha conseguito la laurea in storia medievale.
Docente da vari anni nelle scuole superiori, oltre all’attività didattica si è
dedicata alla ricerca storica e si è occupata di promozione culturale, in
particolare nell’associazione fiorentina “Il giardino dei Ciliegi”. Ha al
suo attivo vari saggi sulla storia fiorentina, tra cui La grande storia dell’artigianato:
il 400, pubblicato da Giunti. Si è occupata anche del Molise
realizzando il convegno “La selvatica
timidezza di Lina Pietravalle” e curando un saggio nel volume “Campobasso capoluogo del Molise” (2008) .
Ha inoltre pubblicato i racconti Vie di Fuga. Storie per adolescenti
(Franco Angeli 2005) e, nel 2009, il testo teatrale Apparizioni. Tre atti
liberamente ispirati al romanzo Signora Ava di F. Jovine (Filopoli).
Ho trovato molto attenta questa lettura di Rita e precisa nell'esposizione. grazie
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