E’ uscito “Stabat Mater”, l’ultimo
romanzo della scrittrice molisana Antonella Presutti. Lo recensisce per noi
Rita
Frattolillo
I figli non dovrebbero mai morire prima dei genitori. Ma
che succede se un figlio si toglie la vita, e senza una ragione apparente? Un
venerdì di carnevale qualunque, Andrea, non ancora sedici anni, si fa saltare il cervello con un colpo di
pistola, gettando nella tragedia la sua famiglia, una come tante.Compenetrarsi nel dolore della
figura materna, straziata dal gesto fatale del figlio, analizzarne i meandri –
e in controluce, la reazione degli altri - è l’impresa difficile e delicata con
cui si è voluta misurare Antonella Presutti nel suo romanzo Stabat Mater (EdiLet, Roma 2011), che nel titolo richiama la
sequenza della Madonna Addolorata attribuita a Jacopone. Nel “planctus” di Stabat Mater la madre, con il cuore trafitto e l’animo
ferito a morte di chi si sente tradito
dal figlio prediletto, è inghiottita in una spirale di disperazione che la tira
giù verso un baratro senza fondo in cui emozioni, sentimenti, tempo e memoria
hanno senso solo perché si accendono e si coagulano nel nome di Andrea, che
muore e risorge mille volte ogni giorno nella sua mente e nel suo cuore. Lungo
questa spirale, che è una discesa agli inferi senza ritorno, l’A., come
una rabdomante che scava senza tregua
nella mente allucinata della donna, sviluppa la narrazione - sotto forma di
diario - sondando l’insondabile.