Di Luigi Antonio TROFA abbiamo ricevuto un interessante articolo del Giornalista Giuseppe Tabasso, il cui padre, musicista, mise in musica le parole del poeta. Molte poesie di Trofa divennero grandi successi canori.
Dice, infatti, Giuseppe Tabasso:
«Nel 1928 Trofa pubblicò RIME ALLEGRE, "Scorribanda scapigliata nella politica, nell'arte e nelle varie manifestazioni di vita locale" (pagg. 381, Società Tipografica Molisana), un volume che non comprende tutta la sua fertile produzione. Ne posseggo una rara copia dedicata a mio padre, il musicista Lino Tabasso che con Trofa stabilì il sodalizio artistico molisano di maggior successo negli anni '20 e '30. La produzione del binomio, in italiano e in dialetto ferrazzanese, è ricca di oltre trenta brani, molti dei quali sono per fortuna ancora popolari, tra cui le due "lettere americane" da voi riportate sul sito e, mi piace ricordare per il loro spessore letterario e musicale, almeno: "Chi sa perché", "Cuncierte". "Canzona de' ll'ua", "Vennegna", "L'amore mié" e "Pizzéche e vasce"».
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Luigi Antonio TROFA e Lino TABASSO
QUANDO LA POESIA INCONTRA LA MUSICA
di Giuseppe TABASSO
Le canzoni del binomio Trofa-Tabasso, come del resto quelle dei binomi successivi con Emilio Spensieri e con Tonino Armagno, venivano composte per il puro piacere di fare musica e poesia: basti pensare infatti che né Trofa né mio padre erano iscritti alla SIAE, la società degli autori che tutela e garantisce i diritti d’esecuzione. In Trofa mio padre aveva trovato il suo Di Giacomo, mentre Trofa doveva aver trovato in mio padre il suo Tosti: una loro composizione significativa in questo senso fu la delicatissima, quasi una romanza Madonnina pallida. La poesia di Trofa spaziava infatti dal dannunzianesimo al carduccianesimo, dalla migliore tradizione partenopea a Lorenzo Stecchetti (per il gusto dell’ironia: vedasi Ah! Si! No!). Né si rassegnavano al solo repertorio molisano, romanticamente convinti che la loro produzione potesse spontaneamente affermarsi in campo nazionale: insieme, infatti, scrissero brani come Amor tiranno, Fuoco fatuo, Solitaria, Zingaresca e perfino una composizione augurale, molto apprezzata in casa Savoia, scritta per la nascita, nel 1934, della principessa Maria Pia.
Quei brani rimasero tuttavia inediti, anche perché per affermarsi in campo nazionale bisognava pur fare qualche puntatina a Napoli, a Milano oppure a Roma dove l’EIAR poteva decretarne il successo. Sta di fatto che essi non componevano per il mercato, anzi l’idea stessa di mercato appariva loro un oltraggio all’arte.
Quel loro piacere creativo era tuttavia laboriosissimo perché Trofa mal si adattava - anzi, non si adattava affatto - a comporre col cosiddetto mascherone, sulla base cioè di una specie di griglia numerica predisposta su un motivo già esistente ma privo di versi, in uso tra i cosiddetti parolieri, specie di quelli napoletani, anche illustri, che mio padre aveva frequentato da giovane. Trofa infatti li trovava quasi un insulto alla sua creatività, anche se poi riconosceva che un bel motivo, nato per suo conto, doveva pur essere vestito di versi. Per fortuna Trofa, che aveva un forte senso dell’umorismo, era perfettamente in grado di usare il mascherone, e mio padre sapeva altrettanto benissimo che i suoi rigetti rientravano in un puro, reciproco gioco di condizionamento, affinché la musica fosse al servizio della poesia, e viceversa. Alla fine, quando il musicista si trovava tra le mani dei versi in sé perfetti, finiva regolarmente col cedere al poeta, anche se poi gliela faceva pagare imponendogli troncature, piccole modifiche e cesure (cesure? - urlava Trofa - ma queste sono censure!). Le “trattative” terminavano spesso con un lasciamo perdere, non se ne fa nulla e, magari, con un ci penserò. Trofa ci ripensava, ma alla fine il prodotto risultava regolarmente di reciproco gradimento. A giudicarle oggi, quelle sedute, alle quali assistevo da bambino con enorme curiosità, erano una vera e propria osmosi tra due temperamenti per tanti versi simili e, per di più, uniti da un’amicizia profonda. Lo scoprii quando mio padre fu svegliato in piena notte perché accorresse al capezzale di Trofa. “Papà sta morendo - annunciò trafelato uno dei due figli, non ricordo se Mario o Gino – dice che vuole vedervi”. Smise di vivere poche ore dopo (mi pare per un tumore ai polmoni: infatti lo ricordo con una sigaretta perennemente in bocca) e mio padre fu l’unica persona, oltre ai familiari, a stargli vicino fino all’ultimo respiro. Era l’anno 1934.
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Dopo questa bella e commovente testimonianza di Giuseppe Tabasso, che ringraziamo, ecco le risposte a “Domande per voi”. L’unico a rispondere a tutte le domande è stato Pasquale:
· Trofa è nato a Ferrazzano nel 1879
· Ha scritto su numerose riviste locali quali: Il gufo, Sci-ta-bum e La Rivista del Molise
· Per le sue poesie dialettali, Trofa utilizza, ben inteso, il vernacolo di Ferrazzano
· Il poeta contemporaneo di Trofa, con lo pseudonimo di “Minghe conzulette” è il medico Giuseppe Altobello
· Il poeta si era aperto ai fermenti futuristi dei primi del Novecento
· Dal 1913 Trofa cerca di sprovincializzare la letteratura locale producendo opere poetiche in lingua italiana
Gli amici canadesi nei links di destra troveranno la vita e l’opera di L.A. Trofa in inglese (traduzione di Luigi Fontanella) di Giambattista Faralli.